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L’annuncio nella campagna elettorale del 2001. Ma la fabbrica non è mai nata

Gian Maria De Francesco

da Roma

«La riforma fallimentare, la Biagi e la Moratti non devono venir meno, ma devono essere sviluppate». Il presidente di Confindustria, Luca Cordero di Montezemolo, ieri ha sottolineato la necessità di salvaguardare importanti riforme messe in atto dal governo Berlusconi negli ultimi cinque anni.
Il numero uno di viale dell’Astronomia ha voluto richiamare i principi ispiratori del suo discorso di insediamento del 27 maggio 2004 ribadendo che «l’alternanza politica non è e non deve essere un ribaltone istituzionalizzato dove ogni cinque anni si cambia tutto, per non cambiare mai nulla nella sostanza del Paese». Il pericolo da scongiurare, ha aggiunto, è l’annullarsi vicendevole delle riforme. Lo stesso riferimento al suo primo intervento da presidente della Confindustria ha avuto un preciso intento: ricreare quello stesso clima di convergenza sul vertice della rappresentanza industriale smarritosi dopo l’intervento del premier Silvio Berlusconi al convegno di Vicenza.
Montezemolo ha declinato in una nuova versione i concetti del «non farsi tirare per la giacca» dalla politica per evitare quegli scollamenti con la base emersi impetuosamente dinanzi agli inviti del premier a fare impresa sabato scorso. Questa volta il presidente di Confindustria ha precisato che «la giacca non ce la facciamo tirare neppure da una solidarietà pre-elettorale che è, in ogni caso, strumentale». Il destinatario del messaggio lanciato ieri è stato proprio il candidato premier dell’Unione, Romano Prodi, che proprio a Vicenza aveva tentato di cortocircuitare le esigenze degli imprenditori con quelle del programma della Cgil.
E proprio al sindacato guidato da Guglielmo Epifani, Montezemolo ha voluto ripetere che non è di gradimento la logica del «governo amico». «È vecchia - ha detto - e non porta da nessuna parte. Diciamo no a un sindacato ideologico che non pensa alla competitività delle imprese e su questo infatti non ho sentito nulla al congresso di Rimini. Vogliamo un sindacato moderno che condivida con noi questi problemi». Dopo queste precisazioni la riaffermazione delle linee guida. «Noi dobbiamo evitare discorsi che ci identifichino in uno o in un altro degli schieramenti, ma continueremo a parlare di progetti, di contenuti e di futuro del Paese», ha concluso riproponendo i cinque punti esplicitati a Vicenza: cuneo fiscale, energia, ricerca, innovazione e università. Su quest’ultimo tema ieri Montezemolo ha insistito presentando il documento sottoscritto insieme ad altre 17 organizzazioni imprenditoriali. Finanziamenti pubblici alle università su base concorrenziale, rafforzamento dell’autonomia degli atenei e superamento del valore legale della laurea sono la ricetta confindustriale per far ripartire il mondo universitario.
Con queste premesse il consiglio direttivo di Confindustria, invece, è stato meno spumeggiante del previsto. Archiviate le dimissioni di Diego Della Valle («sono state spontanee», ha ribadito Vittorio Merloni»), buona parte delle tre ore e mezzo di dibattito sono state spese per mettere a punto un comunicato stampa che accontentasse tutte le anime della confederazione.
È stato respinto «ogni tentativo di delegittimazione» ed è stata «riaffermata all’unanimità la scelta strategica di totale autonomia come valore irrinunciabile», si legge nella nota. «Il consiglio direttivo - conclude - rifiuta ogni collateralismo così come solidarietà strumentali e pre-elettorali e condivide pienamente l’azione della presidenza per la forte difesa degli interessi di tutte le imprese».

I non allineati hanno insistito sulla netta percezione della base di una Confindustria schierata a sinistra e sul rifiuto della captatio benevolentiae prodiana. Montezemolo per ora ha tenuto botta. Oggi si replica in giunta. E trenta industriali di Napoli già si sono lamentati per il collateralismo locale con il duo Bassolino-Iervolino.

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