Pullman vola in un dirupo a Roma: 12 morti

Un testimone: «Quel bolide mi è passato davanti al balcone, poi corpi ovunque»

Gian Marco Chiocci Massimo Malpica

da Roma

Un salto nel buio, lo schianto, le lamiere contorte. Sono le 23.30 quando un autobus bianco con 31 passeggeri a bordo, il primo di una colonna composta da otto automezzi, finisce la sua corsa nell’oscurità.
A bordo del granturismo ci sono dei turisti provenienti dalla Turchia, per loro era un viaggio premio. Sono concessionari della Ford che partecipavano ad un ricevimento a Villa Miani. Rientravano in albergo, all’Excelsior e la loro serata si conclude nel peggiore dei modi. Il conducente del mezzo - per cause che sono ancora tutte da accertare - perde il controllo sulla strada panoramica che dalla via Trionfale conduce fino a piazzale Clodio. È un attimo, lo sbandamento e poi il volo e lo schianto rovinoso, a pochi metri di un condominio alle spalle del palazzo di Giustizia. Il mezzo finisce con la parte anteriore in verticale, quasi fosse un pilone, sul prato di un giardino dopo aver letteralmente sfiorato un palazzo. Il pullman resta incastrato tra un muro e un albero di pino. Ha sradicato le piante tutto intorno, travolto tutto quello che ha incontrato. Racconta un abitante del palazzo sfiorato dal mezzo in caduta libera: «Il mio terrazzo si affaccia a un metro dal punto dello schianto, ho sentito un botto pazzesco. La prima cosa che ho fatto è stata quella di andare in terrazzo e quando ho visto il pullman a testa in giù, tra agli alberi, la gente che urlava, piangeva e il fumo tutto intorno, una puzza di gasolio pazzesca, non sapevo a cosa pensare. Una scena incredibile, ci ho messo cinque minuti a fare il numero dei vigili del fuoco perché mi tremava la mano».
Sul prato scarpe, oggetti personali, valigie aperte, il contenuto dei bagagli sparso sull’erba e tanti, tanti corpi. Il macabro conteggio dirà che il cuore di 12 persone su 31 passeggeri ha finito di battere al momento dell’incidente. Alcuni si muovono, altri gridano, altri ancora non danno nessun segno di vita. Sono dodici i lenzuoli pietosamente stesi sui corpi delle vittime dai soccorritori che subito sono arrivati sul posto. I primi ad arrivare sono stati quelli del personale medico dell’ambulanza 77 del San Camillo. Davanti a loro uno scempio di vite e feriti, molte decine, che hanno bisogno di soccorso immediato. Il via vai delle ambulanze nella gelida notte romana fa capire subito anche a chi non può vedere la scena agghiacciante che si tratta di una strage. Una delle due corsie della strada panoramica viene bloccata immediatamente per consentire l’arrivo dei mezzi di soccorso.
Alla luce delle fotoelettriche, intorno all’erba macchiata di sangue, il lavoro dei medici è febbrile. Le scene di dolore sono ovunque ti volti: un ragazzo con la coperta gialla addosso – sferzato dalla tramontana gelida – sta riconoscendo i genitori. Li fissa. Piange. C’è un striscia di gasolio che cola su una parete del palazzo. E’ il triste rito del riconoscimento delle vittime. Passano i soccorsi, siamo su una via che costeggia piazzale Clodio, i feriti sono diretti agli ospedali Santo Spirito e San Giacomo. Le luci delle ambulanze e dei vigili del fuoco illuminano un gruppo di una trentina persone elegantemente vestite.

Sono anche loro turchi. Stanno aspettando notizie sull’accaduto. Sono stupiti, perplessi. Una ragazza con i capelli neri si morde nervosamente le unghie. Un ragazzo, stralunato, chiede: quanti sono i morti? Dodici, nella fredda notte romana.

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