Il punteruolo rosso fa strage di palme

Il punteruolo rosso fa strage di palme

Nel 2006 il primo caso di punteruolo rosso della palma all’Axa. Da allora in gran parte della città, all'Infernetto, a Casal Palocco, a Monteverde Vecchio, alla Magliana, a Villa Bonelli, vicino piazza Albania e alla Basilica di San Paolo. È il Rhynchophorus ferrugineus, un coleottero che predilige le palme della specie Phoenix canariensis, ma potrebbe aggredire anche le altre e la palmetta endemica del Mediterraneo. Basta guardarsi in giro per trovare i segni del flagello. «Una bomba biologica» secondo il professor Pasquale Mazzone del dipartimento di entomologia e zoologia agraria di Portici. A marzo 2007 una giornata di studio alla Regione Lazio mise a fuoco il problema. Ma da allora ben poco si è fatto.
La causa di tutto è un insetto originario dell’Asia centrale. La femmina in circa tre mesi depone centinaia di uova che si trasformano in tempo diversi in larve voracissime che si nutrono del cuore apicale della pianta. E quando ci si accorge dell’infestazione in genere è troppo tardi, bisogna abbatterla. Con costi elevati per i proprietari: oltre 1200 euro a pianta perché non si può bruciare, va tagliata e ridotta in poltiglia. Per i trasgressori sono previste multe da 500 a 3000 euro.
Segnalato per la prima volta in India nel 1891 sulle palme da cocco il punteruolo nel 1980 raggiunge la Penisola Arabica, l’Egitto, colonizza vaste aree in Iran, Giordania, Israele, nel ’94 sbarca nel Sud della Spagna e nelle Canarie, quindi in Grecia e in Italia dove nel 2004 compare in un vivaio della Toscana. L’anno dopo i primi focolai in Campania e Sicilia. Ora tutto il Mediterraneo ne soffre, è arrivato anche a Pantelleria. Il problema è particolarmente sentito sul litorale, a San Felice Circeo, Terracina, Sabaudia e a Roma che conta migliaia di palme in giardini e ville storiche. Da Villa Torlonia a Villa Sciarra, Villa Pamphili, l’Eur e a ciò che resta del giardino di piazza Cavour. Si stima che siano 1500 le piante attaccate nel Lazio. Il Servizio Giardini fa sapere che su 4 mila piante del Comune circa l’1% risulta colpito, molte di più dovrebbero essere quelle dei privati.
Non esistendo prodotti specifici risolutivi, si utilizzano antiparassitari registrati per altri insetti. Se si interviene in tempo alcuni funzionano. Si procede preventivamente per aspersione sulla chioma o per endoterapia (iniezioni sul tronco). Come si è fatto prima dell’estate per 300 piante sparse nei vari municipi e anno scorso per le palme di Villa Torlonia. Stesso trattamento per quelle di Ostia, ma con esito infausto.
È una situazione drammatica, è un insetto difficile da controllare, dicono al Servizio Fitosanitario regionale che ha la competenza in materia. Gli unici a farlo sono i vivai che operano con interventi radicali, impensabili in città anche per i costi e per i pericoli all’ambiente. «Noi ci salviamo perché facciamo trattamenti a calendario, usiamo le trappole con i feromoni (sostanze secrete dagli insetti, messaggeri chimici n.d.r.

), che attraggono gli insetti - dice Elisabetta Margheriti dei vivai Torsanlorenzo - ma le restrizioni alle importazioni hanno bloccato tutto». Infatti la decisione della Commissione UE del 2007, recepita dal Ministero dell’Agricoltura, prevede la messa in quarantena delle piante provenienti da paesi infetti e l’abbattimento di quelle infestate.

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