Rabbia e poesia a trecento allora. La rabbia del vecchio campione che vede crescere il proprio erede e sa di doverlo battere non solo per la gioia della vittoria, ma per ribadirgli che non è ancora il suo momento. E la poesia nascosta tra le curve della pista e dellanimo, mentre il campione disegna pieghe inverosimili e il ginocchio scrive rime baciate e traiettorie impossibili. Valentino ci ha regalato tutto questo. Lorenzo lo ha aiutato. Dobbiamo essere grati a entrambi.
Quando i fuoriclasse pianificano limpresa, coincidenze impensabili si avverano: Valentino Rossi a Barcellona era a caccia della vittoria numero 99 e sul cupolino di Lorenzo sta scritto proprio quel numero. E poi. Valentino aveva bisogno di urlare al mondo che il più forte, nonostante quattordici anni di motomondiale, nonostante i trentanni compiuti e gli Stoner e le Ducati e i Lorenzo, era ed è ancora lui. Però come farlo, sgombrando il campo dalle facili giustificazioni e dalle comode attenuanti dello sconfitto di turno? Cera un solo modo: avere la stessa moto. Sì, però uno è Rossi e laltro invece... Invece niente: Valentino in primis, e poi suo padre Graziano che ci capisce parecchio, e poi lintero team Yamaha, e poi i rivali, la Honda - sotto sotto persino in Ducati qualcuno lo pensa -, insomma tutto il motomondo ha da tempo sentenziato più o meno la stessa cosa: Lorenzo è il più forte pilota piombato in MotoGp dai tempi di Valentino. Di più: è il suo erede.
Per cui, la sfida di ieri era ad armi pari, una grande Yamaha per entrambi, stesso talento, ma soprattutto due uomini a combattere per poter urlare: diamine sono io il più forte! Qualcosa di raro nel mondo dei motori, qualcosa di unico, qualcosa capace di trasformare uno sport dove il mezzo la fa da padrone, in un duello fisico quasi fosse una finale dei cento metri o un ring dei massimi. Con buona pace dello show offerto dallaltro mondo che corre a trecento allora: la F1. Qualcuno dei signori che litigano nel Circus si sarà un po vergognato guardando il motomondo?
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