Pupo ad «Affari tuoi»: quasi fatta

Oggi forse l’annuncio. Da sciogliere il nodo Teocoli in prima serata

Paolo Giordano

Ma guarda come cambiano le cose. Se, come sembra sicuro, oggi diventerà il nuovo capo di Affari tuoi, Pupo si godrà la sua consacrazione, vivaddio!, ma gli altri perderanno un rassicurante punto di riferimento. Piccolo come Pupo. Sfigato come Pupo. Rovinato come Pupo. Ennò, i rovinati sono quelli che oggi devono cantare - già - le sue lodi. È l’erede di Bonolis, il presentatore del programma più visto, atteso, invidiato della tivù italiana, l’uomo della rinascita, quello che le ha passate tutte ed è ancora qui meglio di prima, nel momento giusto al posto giusto, senza che nessuno possa dire be’. Enzo Ghinazzi, perseguitato dal nome d’arte Pupo, tra poco compirà cinquant’anni e in data e luogo di nascita c’è un po’ del suo destino: a Posticino, provincia di Arezzo, l’11 settembre.
Dopo aver firmato il contratto con Rai/Endemol (ancora da sciogliere il nodo Teocoli: dentro, fuori o solo in prima serata al giovedì), gli toccherà, come tocca a tutti, di fare un brindisi. Lui ne farà due: con sua moglie Anna, con la quale è sposato da trent’anni, dai tempi del suo primo, dimenticabile singolo Ti scriverò. E con Patricia, che da venti è la sua compagna ufficialmente riconosciuta, l’altra Twin Tower della sua vita, ma «è tutto - come è stanco di ripetere - alla luce del sole, con sacrifici che nessuno si può immaginare».
In effetti, pochi se li erano immaginati prima che l’anno scorso Raitre mandasse in onda Il funambolo cioè la storia della sua vita e l’immancabile Osservatorio dei diritti dei minori si lamentasse di «queste storie di amanti remote, amanti attuali, mogli, figli nati dal matrimonio, figli nati fuori dal matrimonio, il tutto condito da un ricorrente lessico in cui la trivialità trova momenti di eccelsa manifestazione».
Noi eravamo rimasti fermi al tappetto con gli occhi spauriti che al Festival gareggiava con Baudo in capelli gonfiati (1980, ’83, ’84), che aveva scritto una canzone, Gelato al cioccolato con allusioni sessuali da liceale, che si era mangiato tutto al gioco diventando poi, da Drive in in avanti, la forca caudina di tutti i comici: mancando una battuta, ecco bisognava inchinarsi e sfruttare Pupo, quello piccolo, quello col nome da bambola, quello di Su di noi, quello eccetera. Persino Beppe Grillo, per dire uno che conta, lo faceva. Però tutti gli altri avevano smesso di farlo: pochi dischi venduti (almeno in Italia), zero tivù, viaggi di andata in Mercedes e di ritorno con la Punto dopo aver perso tutto al tavolo da gioco.
Ma come spesso capita, sulla scia di Edvige Fenech o Alvaro Vitali, basta aspettare e la rivalutazione arriva. E quando arriva, si scopre sempre che è meritata. Chi ha seguito Pupo quand’era in Brasile alla Fattoria o, in questi giorni, al Malloppo, si è accorto che è spontaneo, vivace, persino spiritoso e insomma, come dice Gianni Morandi (che l’ha salvato dai debiti quando gli avevano bloccato il conto corrente) «sta davanti alla telecamera come fosse seduto sul divano di casa».


E così, nell’inevitabile apoteosi di Pupo nuovo golden boy della Endemol (si può parlarne male? Non è neanche raccomandato) si compie il miracolo di un italiano più vero di quello di Toto Cutugno, un eroe da commedia capace di risorgere da un passato mediocre, di vivere con due donne che accettano di dividerselo, e di aver remato così tanto controvento che oggi, alla vigilia del suo cinquantesimo undici settembre, sta per presentare il programma più seguito della tivù, ha un disco in uscita, pubblica un libro (Banco solo!), fa persino litigare Avvenire e Secolo d’Italia e in giro si sente neanche lo straccio di una battuta cattiva.

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