Pure l’Armata rossa nega i soccorsi alla sinistra in crisi

Pure l’Armata rossa nega i soccorsi alla sinistra in crisi

Com’è che avete invitato il campione sovietico, partigiani jugoslavi e combattenti polacchi, pure il resistente portoghese che guerra sul suolo patrio in verità non ne ha mai vista, ci son due inglesi ma nemmeno un americano? Manco l’ombra di un anziano caporale dei marines, come se a liberarci dal nazifascismo non fossero stati proprio e principalmente i soldati a stelle e strisce? «E che ne so io?!» risponde sgomento il governatore Piero Marrazzo sgranando gli occhi. Per fortuna (?) interviene lesto uno del suo staff, che con fare saccente e compunto rimbecca: «Ma perché il convegno ha per tema la Resistenza e l’Europa, dunque gli americani non c’entrano». È vero diamine, sul programma c’è scritto «Resistenza e Comunità europea»... Ma che c’entra allora Zarko Basenghi, comandante partigiano dell’esercito di liberazione jugoslava, e ancor più Alexander Efimov, maresciallo dell’aria e due volte eroe dell’Unione sovietica, seppur presidente della Federazione internazionale dei combattenti della Seconda guerra mondiale?
Misteri di un convegno organizzato dalla Regione Lazio forse troppo a ridosso delle elezioni, e che portano il governatore a paventare il «rischio astensionismo», ragazzi non andate al mare, «almeno tre miliardi che stiamo investendo nel Lazio vengono dall’Ue». E poi giù con ovvietà del tipo «sono convinto che queste elezioni europee segnino uno spartiacque politico», con la retorica del «siamo figli della Resistenza, figli del Cnl, siamo figli di un ideale universale: la Resistenza!», con l’iperbole del «bisogna essere uniti contro la crisi come lo sono stati i partigiani durante la Resistenza».
Per sfortuna (?) il mitico maresciallo Efimov non è venuto, par che un infarto lo abbia trattenuto a Mosca, accontentatevi delle foto che lo ritraevano sulle mura del Cremlino accanto a Putin nelle celebrazioni del 2005, Bush e Berlusconi un po’ defilati, con la mano tesa sulla visiera del cappellone dell’Armata rossa, un medagliere da paura che solo un argano nascosto sotto la giacca, poteva reggerlo. Non c’era il grande Efimov, e l’ennesima medaglia che lo aspettava invano, Marrazzo ha dovuto consegnarla al presidente dell’Anpi laziale Massimo Rendina. Medaglia e collare di grand uff., «gliel’ha assegnata Ciampi e abbiamo sempre aspettato che venisse a ritirarla», confida mesto Rendina, «speriamo in una prossima occasione». A Dio piacendo ovviamente, perché i grandi combattenti saran pure immortali, ma solo metaforicamente.
Un’occasione sprecata in verità, forse per eccessiva sicurezza dell’organizzazione marrazziana. Tant’è che la maestrina dell’Ampi ha i nervi a fior di pelle e s’offende quando le si chiede: e adesso, con questi tre scatoloni pieni di carta stampata e inutilizzata, che ci fate? «Abbiamo mandato 1.500 inviti, qualcosa ci faremo». Forse pianteranno due alberelli per riparare allo spreco, ma nella Sala Tirreno del palazzo regionale si contano 53 persone nell’ora di massima calca. In compenso abbondano i «messaggi di adesione»: gli emeriti Scalfaro e Ciampi, pure il sindaco Alemanno. Sarà l’età media, sarà il tono degli oratori, saranno gli argomenti che ormai annoiano anche le ceneri di Altiero Spinelli, ma è difficile tenersi svegli. Per fortuna (questa volta davvero) il microfono passa al generale Jean Zaremba, del corpo di spedizione polacco in Italia, che se ne esce più o meno dicendo: «sì va be’, Hitler e i suoi disastri; ma Stalin di morti ne ha fatti pochi? E la Polonia non se la son mangiata in coppia?». Apriti cielo, insorgono i nostri vecchi partigiani come un sol uomo. Anche Rosario Bentivegna, medaglia d’argento a via Rasella, che è fresco come una rosa e sicuro commenta: «Vorrei ricordargli che senza Stalingrado, lui sarebbe ancora sotto il tallone nazista».
Ma sì, ora e sempre Resistenza, viva l’Europa, tutti alle urne... Nella pausa per il pranzo in piedi, sul banco della presidenza Rendina si sfoga coi compagni d’arme. «Io non sto con nessun partito, ma dobbiamo stare attenti a non disperdere il nostro patrimonio», esorta per poi confidare: «Istintivamente io starei coi comunisti, ma questi rischiano di fermarsi al 3 per cento». Poi in coro se la prendono col ministro della Difesa che non risponde alle loro lettere, vola una battutaccia che suscita risa, e Rendina torna al serio: sì, «La Russa che tira sempre in ballo le formazioni partigiane che hanno continuato a sparare anche dopo il 25 Aprile... E delle bande fasciste che non si sono arrese, ne vogliamo parlare?».

Per fortuna (?) arriva una ragazza col vassoio del buffet e i bicchieri di vino, e le vecchie glorie tacciono. Dal fondo della sala, che s’è già saziato nel foyer, si leva forte un grido: «Ai nostri posti di combattimento!»

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