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"Pure San Calogero era clandestino: via dall'altare"

Agrigento, la provocazione del vescovo di Agrigento monsignor Montenegro durante la festa in onore del patrono: "L'ordine e il rispetto della legalità sono importanti, ma non dimentichiamo l'accoglienza"

Via i clandestini di oggi. E via anche quelli di ieri, in omaggio alla par condicio. E se poi si sono distinti, e magari sono diventati santi, pazienza, la legge è uguale per tutti, per chi sta nella polvere e per chi è sull'altare.
Non si fermanoo nel mondo ecclesiale le posizioni critiche rispetto al giro di vite su badanti e lavoratori extracomunitari privi di permesso di soggiorno. Tra le ultime in ordine di tempo quella del vescovo di Agrigento, monsignor Franco Montenegro, che ai fedeli della città dei Templi ha "toccato" quello che forse hanno di più caro: il loro santo patrono, San Calogero, santo nero come tanti nel Sud Italia. «Certamente San Calogero - ha detto durante la prima domenica di festa in onore del santo - non aveva un permesso di soggiorno. Se dovessimo rispettare le leggi in vigore dovremmo toglierlo dall'altare».
Una provocazione forte, per l'affetto che la popolazione agrigentina nutre nei confronti del proprio patrono e in una terra qual è quella di Agrigento, che il fenomeno sbarchi - l'isola di Lampedusa è in provincia di Agrigento - lo vive da anni sulla propria pelle. Un invito alla riflessione, quello lanciato dal vescovo che fino a qualche tempo fa è stato presidente della Caritas. «Probabilmente - ha proseguito monsignor Montenegro - San Calogero è arrivato su un barcone, con sé aveva pochi soldi. Per cui è vissuto aiutato dalla buona gente di allora. Se è così, per coerenza con le decisioni del nostro parlamento, dovremmo smettere di fare festa, togliere il simulacro di San Calogero e cacciarlo assieme a tutti coloro che non hanno la nostra nazionalità, perché probabilmente è da considerare un clandestino».
Il vescovo di Agrigento ha criticato la politica restrittiva adottata dal governo: «Se gli immigrati vengono da noi è perché la vita nelle loro terre non è vita, è inferno.

L'ordine e il rispetto della legalità sono importanti e fondamentali per la convivenza civile, tuttavia il tema dell'accoglienza non può vederci distratti».

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