Qt8, tra ecomostri e palazzi storici: viaggio nel quartiere che non c’è più

L’assessore all’Urbanistica Masseroli raccoglie l’allarme dei residenti e visita la zona: "Stiamo studiano linee guida per impedire scempi e interventi sbagliati". I tecnici stanno mappando la città per tutelare gli edifici e i complessi di valore

Un tour degli orrori, un brivido che corre lungo la schiena e tanto sudore freddo. Basta andare al QT8 per provare le stesse sensazioni, soprattutto se si conosce la storia del quartiere, con quel nome così strano. QT8, ovvero Quartiere Triennale Otto, venne pensato in occasione dell’Ottava Triennale d’arte del 1947 e progettato da Piero Bottoni e da Giò Ponti (per alcune palazzine). Ora rischia di venire distrutto, mangiato pezzo dopo pezzo e stravolto. Anche l’assessore alla sviluppo del Territorio Carlo Masseroli, ieri ha accettato di sottoporsi all’ecomostro, tour tra le viuzze del «quartiere sperimentale» e per capire cosa fare. Il tutto, ovviamente, in vista della stesura del nuovo Piano di governo del Territorio.
«Al QT8 arrivano studenti da tutto il mondo, dall’Australia, dal Giappone per studiare palazzi che non trovano più» denuncia Enrico Fedrighini, consigliere comunale dei Verdi, che ha invitato l’assessore. «Non solo occorre intervenire subito: già per l’estate partiranno dei lavori autorizzati dalla commissione edilizia privata, che rischiano di creare altri orrori». Già nel luglio 2006, assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi, era stato chiamato a vedere con i propri occhi le prime demolizioni. «Il QT8 - osserva Carlo Masseroli - è un quartiere omogeneo con delle precise caratteristiche, oltre al valore storico-architettonico, che vanno tutelate. Stiamo quindi studiando un sistema di norme e di indicazioni da inserire nel piano di governo del territorio».
Non si tratta però di vincoli imposti dall’alto e di calcoli fatti nel chiuso di un ufficio, ma di indicazioni partecipate: per questo a settembre Masseroli incontrerà i residenti per capire da loro quali possono essere le funzioni, le destinazioni d’uso, le caratteristiche urbanistico-architettoniche che avrebbe senso tutelare anche il futuro. «Indicazioni che daranno la misura delle modifiche e dei cambiamenti che saranno consentiti- spiega - indicheremo fino a che punto una volumetria e un aspetto morfologico possano essere modificati». Gli uffici dell’urbanistica stanno quindi mappando la città, punto per punto, per individuare le aree sensibili e la misura della loro tutela. Un esempio? Tra viale Ripamonti e viale Ortles il piano regolatore, che risale al 1954, stabiliva che la destinazione d’uso industriale. Man mano le fabbriche hanno chiuso e dal 1985 l’area abbandonata e in disuso, è diventata completamente degradata. Ecco, il senso dell’operazione è proprio questo: non vincolare in modo rigido quartieri e aree ma pensare a regole più flessibili, scritte dopo aver ascoltato i cittadini e immaginato quella che sarà la Milano del 2030.
Così al contrario è successo al QT8 dove il vincolo paesaggistico della sovrintendenza non è stato sufficiente per impedire la nascita di ecomostri, e palazzine completamente avulse dal contesto come accade in via Ippodromo 38, via Lerici, via Versilia e via Diano Marina.

«Al QT8 il vincolo c’è ma è generico - spiega il sovrintendente per i Beni architettonici Alberto Artioli - servono allora delle prescrizioni d’uso che permettano di gestire il vincolo, sarà necessario edificio per edifico, o strada per strada, delineare la tipologia di intervento possibile».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica