Politica

«Ma quale emergenza xenofobia Strumentalizzano casi drammatici»

«Ma quale razzismo. L’Italia non è un Paese di razzisti». Daniela Santanchè ascolta la scia di reazioni scatenate dal caso di Nettuno e scuote la testa.
La sinistra parla di clima razzista scatenato da un certo stile nel fare politica. Troppe emergenze immigrati, campagne della paura. Cosa ne pensa?
«Una strumentalizzazione. Chi accusa il governo non ha memoria. E in questa situazione il razzismo non c’entra nulla. Quello che è successo al ragazzo indiano è senza dubbio un episodio odioso, da condannare, ma non si può generalizzare ed etichettare».
Cosa sta facendo il governo?
«Bisogna ricordare che questo clima è piuttosto il frutto delle politiche di immigrazione del governo Prodi. Con le loro false politiche di solidarietà, del buonismo a tutti i costi, del loro politically correct, ci siamo trovati in questa situazione di impasse. Il nostro governo sta piuttosto cercando di arginare un conflitto già esistente e molto alto. Dalla paura all’ostilità poi il passo è breve. E oggi gestire l’integrazione è ancora più complesso».
Perché?
«Prima di tutto bisogna fare i conti con la crisi economica di mezzo. Scarseggiano i posti di lavoro, le possibilità di lavorare. Sappiamo benissimo che senza lavoro la percentuale di chi commette reati aumenta. Oltre il 40 per cento degli stupri è commesso da clandestini».
Su cosa bisogna puntare?
«In una situazione come questa il ruolo della magistratura torna ad essere determinante. L’incertezza non è data dalla politica ma dalle scelte sbagliate della magistratura. Non c’è posto per temi come l’incertezza della pena. Oggi più che mai dobbiamo riavere la fiducia dei cittadini. E la magistratura deve invertire la marcia immediatamente».
Si riferisce ai magistrati che concedono i domiciliari a chi ha violentato?
«Ho sentito Elisa al telefono, la giovane violentata la notte di Capodanno. Il suo carnefice era appena tornato a casa. Ho abbassato gli occhi. Mi sono vergognata. È come sale sulla ferita. Frustrante per le vittime, per i cittadini tutti».
Cosa può fare il governo per fermare quest’ondata di violenza?
«Torno a dire che la responsabilità non è del governo ma della magistratura. La politica in questa storia non c’entra niente. Mai come in questo governo la questione sicurezza è avvertita in modo forte. E Maroni sta facendo un ottimo lavoro».
E allora dov’è la falla?
«Nella discrezionalità della magistratura, nei tempi biblici per ottenere giustizia. Occorrono regole certe. Bisogna eliminare il sistema premiale della giustizia. Non è possibile togliere 45 giorni ogni sei mesi di buona condotta».
Pene più pesanti per i criminali migliorerebbero la situazione?
«L’ergastolo è ormai un ricordo per l’Italia. Per questi reati efferati io propongo di eliminare il rito abbreviato che di fatto elimina un terzo della pena».
Anselma Dall’Olio suggerisce l’autodifesa come soluzione. Lei cosa consiglia?
«L’incertezza della pena è il problema principale in questa storia. Rispettare le vittime significa prima di tutto assicurargli giustizia. Io non voglio difendermi da sola, sarebbe il fallimento dello Stato. E io non sono ancora pronta a gettare la spugna.

Io lotto».

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