Quando Babbo Natale arrivava in Saltafoss

Di solito Gesù bambino e Babbo Natale, di comune accordo, la consegnavano lasciandola vicino al presepe o sotto l'albero. I bambini dell'epoca non riuscivano a capacitarsi che un semplice genitore, un banale genitore, un umanissimo esponente delle specie genitoriale potesse arrivare al gesto folle di regalarla. Troppo bella, troppo costosa, troppo tutto nella versione metallizzata. Brillava di luce propria e invidia altrui; era blu elettrico e oro con il cambio a tre rapporti e leva sulla canna che pareva una cloche tanto era rivoluzionaria. Aveva parafanghi dorati e telaio color del cielo di montagna. Ruote ciccione, vistosamente tacchettate, bicolori come quelle delle macchine di una volta e la sella lunga per farci salire le amichette. Le sospensioni erano un sogno, erano salotti e che salti si facevano su e giù dai marciapiedi e che spreco di energie dissipate durante le pedalate. Ma non sapevamo di dissipare per cui, in fondo, che importava. No, al tempo il verdetto non poteva che essere uno e uno soltanto: impossibile che un genitore non minuto di poteri natalizi fosse in grado di regalarti una Saltafoss!
I bambini di allora diventati quarantenni di oggi e quindi ancora un po' bambini ma non bamboccioni, hanno adesso il cuore che vacilla al pensiero di quanto amore dovevano metterci i papà e le mamme d'inizio anni Settanta nel comprare quella bici che pareva una moto. Piaceva perché era bella, piaceva perché era per pochi, piaceva perché dopo una vita a saltare con le chiappe tumefatte sui terreni sconnessi era arrivata l'invenzione made in Vanzaghello. Grazie alla geniale intuizione di un artista delle bici di nome Paolo Torretta, un paesello anonimo al confine tra le province di Milano e Varese era diventato la capitale delle nostre Harley senza motore.
Perché le Saltafoss, «salta canali» detto alla lumbard, erano un po' moto da cross e un po chopper e un po' easy rider senza che i ragazzini del tempo avessero visto un'Harley e tanto meno si fossero eccitati davanti alle avventure di Peter Fonda e Dennis Hopper. E come per le Harley c'erano le imitazioni: a suo modo teneramente ricordabile la Re de foss.
Ora che il baby mondo si divide fra seguaci del Nintendo e della Playstation, Saltafoss sembra più il nome di un video gioco.

Mi spiace per questo baby mondo: non sa che nessuna scheda di memoria darà mai il piacere di una cartolina piegata e fissata con la molletta vicino ai raggi della Saltafoss. L'unica cosa che le mancava era il rombo del motore.

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