Quando il buon ecologista diventa serial-killer

Abbiamo letto la dichiarazione di un leader NoTav, fauna più da centro sociale che da valle alpina: «L’obiettivo è creare tante Valsusa». Ora, dato che l’alta velocità non deve transitare per ogni valle d’Italia, il messaggio che arriva è inequivocabile. Al di là di torti e ragioni, di allarmi reali o percepiti, di toni più o meno violenti, i prossimi conflitti sociali si coaguleranno intorno alla questione ecologica. Lì si possono incontrare pulsioni antimoderne, regionalismi o sindromi nimby («Not in may not in my back yard», «Non nel mio cortile»), culti della natura incontaminata. Pare una lotta ben più nobile, perché più ideale, disinteressata, rispetto a quella del secolo scorso, limitata alle rivendicazioni economiche. Come in tutti i movimenti, vi saranno gli estremisti, i soggetti pericolosi per il vivere civile.
Già non mancano gli ecoterroristi, anche se fortunatamente la loro maggioranza tende a rifiutare la violenza diretta contro propri simili nel nome di un albero o di una montagna. Ma se mettiamo insieme tensione apocalittica, una buona dose di sfiducia nei confronti della capacità umana di rimediare ai proprio errori e puritanesimo fanatico, non è difficile immaginare della brigate ecologiste che uccidono i cattivi per vendicare la Terra offesa. Tutto ciò lo ha capito bene il finlandese Antti Tuomainen (nella foto), scrivendo Il Guaritore (Einaudi, pagg. 218, euro 17; traduzione Stefano Suigo).
Si tratta di un romanzo molto cinematografico (venduto in 25 paesi, dunque non ci stupiremmo se ne uscisse un lungometraggio), in cui il vero cattivo è il militante ecologista. Siamo in un futuro abbastanza prossimo, e brutto: il pianeta è devastato da inondazioni, epidemie, incendi, guerre. In una Helsinki quasi sempre sotto il diluvio un poeta di scarso successo deve risolvere il mistero della scomparsa della moglie. La signora fa la giornalista e stava seguendo gli omicidi del serial-killer ecologista che si firma il Guaritore. Le istituzioni della capitale finlandesi, come tutte quelle d’Occidente, stanno sprofondando nell’anarchia. Così il poeta deve fare quasi tutto da solo, prendere le botte delle milizie private che cominciano a sostituire la polizia, affidarsi al suo intuito e alle ricerche su web (almeno c’è connessione, anche durante l’apocalisse...).
Il romanzo non è tecnicamente un giallo, protagonista e lettore scoprono quasi subito il colpevole sia delle stragi negli appartamenti che della scomparsa della giovane giornalista. Proprio per ricongiungersi con la sua metà, il poeta viene a conoscenza di molte altre cose, nessuna particolarmente piacevole. La peggiore è che dietro al Guaritore si nasconde un incrocio fra una setta di fanatici e una ditta commerciale. Il sangue di donne e bambini, con l’unica colpa di formare le famiglie di industriali e politici rei di aver inquinato il pianeta, viene versato da ossessi ecologisti. Però c’è chi ha perso la carica generosa della gioventù e ormai uccide solo per vile denaro. Tra l’altro, lo stesso business delle milizie private è in mano agli ecoterroristi. Insomma, quelli che pretendono di combattere per la giusta causa finiscono per diventare i veri malvagi, ormai privi di un sano senso della realtà.
Il romanzo di Tuomainen non nega le responsabilità dei potenti del mondo di fronte al disastro ecologico, né gli squilibri del nostro modello di sviluppo, ma suggerisce che la cura che si pretende tale può diventare peggiore del male. La mente dell’organizzazione criminale, uno che ha fatto la sua gavetta nei movimenti universitari ed è stato un pioniere del vivere eco-compatibile, crede veramente di guarire il pianeta per mezzo di omicidi mirati. È convinto di fare del bene, come i nichilisti nelle opere di Dovstoevskij.

Probabilmente allo scrittore finlandese non interessa tanto l’ecologia quanto l’eterna scelta fra Bene e Male. Non sarà un caso che il romanzo sia ambientato nei tre giorni che precedono il Natale e aggiunga un finale, aperto e per nulla banale, datato «Mattina di Venerdì Santo».

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