Quando la città diventa una galleria d’arte

C orpi smembrati, uomini a cavallo e teste rotolanti sono comparsi nel centro di Milano: la mostra del giovane scultore messicano Javier Marín, che per le sue opere usa resina mescolata a petali di fiori e foglie di tabacco, non è passata inosservata nemmeno ai più distratti tra i milanesi di passaggio, sfatando un mito che vuole l'arte contemporanea comprensibile solo agli addetti ai lavori.
«De 3 en 3», da poco installata in tre distinti punti del centro (piazzetta Reale, lo scalone di Palazzo Reale e piazza della Scala), è un'interessante esposizione di arte pubblica. Non è la prima volta che un artista «occupa» il suolo della nostra metropoli: Milano è stata città-palcoscenico per molte installazioni promosse dalla Fondazione Trussardi (ricordate i discussi manichini impiccati di Cattelan?). Sono arrivate, su modello di altre capitali europee, le mucche d'artista della «Cow-Parade» - e pazienza se i vandali le hanno imbrattate. Rimanendo agli animali, c'è stata la scultura del toro dorato («Non è vero ma ci credo») installata a febbraio in largo La Foppa dal livornese Christian Balzano per un progetto di public art ideato da Mimmo Di Marzio che già nel 2003, con «Cittàzioni», aveva portato le installazioni di tredici giovani artisti nella Loggia dei Mercanti e ai giardini di via Palestro. L'enorme scheletro di Gianni De Dominicis davanti a Palazzo Reale colpì tutti così come fecero le sinuose creazioni di Botero esposte lo scorso anno. E persino la mostra-mercato MiArt, la primavera passata, ha investito sull'arte pubblica, promuovendo la mostra itinerante «Miraggi», con undici sculture di artisti come Alex Pinna sparse per la città.
Anche per Javier Marín, Milano si è trasformata in città-vetrina, moltiplicando così gli spazi di fruizione della sua arte. Oltre alla suggestiva personale allestita negli spazi della Rotonda di via Besana, l'arte di Marín, felice mescolanza di scultura classica rivisitata con i simboli tipici delle culture pre-ispaniche, può essere apprezzata anche da chi non mette piede nel museo. Davanti a Palazzo Reale, infatti, nove fieri cavalieri sono installati su alti piedistalli: è un corteo che ammicca ai conquistadores, pronti a sterminare le popolazioni native, o un omaggio al coraggio di queste ultime, che hanno combattuto per non cadere in mano al nemico? Forse tutte e due le cose insieme. Ambigue sono anche le due «Cabezas», gigantesche teste adagiate in piazza della Scala: sono il simbolo di uomini morti o emblema di ideologie ormai prive di senso?
Fino all'Epifania le suggestive sculture di Marín ci terranno compagnia durante le passeggiate in centro, dove in questi giorni è in corso un altro originale evento, tanto per dimostrare che l'arte contemporanea, in città, è tutt'altro che assente.

S'intitola «Greatest Failures» e lo firmano Blue and Joy, alias Fabio La Fauci e Daniele Sigalot, che già si fecero conoscere a Milano per altre innovative esposizioni: fino al 4 dicembre una Cinquecento donata da Lapo Elkann e rivisitata dalle decorazioni di Blue and Joy sarà in mostra fuori dalla galleria Borgonuovo Eventi, dove sono esposte tele e svariate creazioni della coppia (come moderni mosaici fatti di puntine da disegno) che hanno incuriosito più di un collezionista.

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