Quando era lontano dai libri l’ideologia lo rendeva cieco

Era un autore inquieto, Vincenzo Consolo. Persino arrabbiato, a partire dalla lingua: «Ho voluto creare una lingua che esprimesse una ribellione totale alla storia e ai suoi esiti». Ma la sua «furia» (il vocabolo non gli sarebbe dispiaciuto) usciva dall’ambito librario e si tingeva facilmente di politica.
A esempio dagli anni ’90 il rapporto di Consolo con Milano, città che lo aveva adottato nel ’68, era diventato travagliato. Iniziò tutto con la candidatura a sindaco di Marco Formentini nel ’93. Consolo etichettò la Lega come movimento «revanscista di tipo vandeano», minacciando di abbandonare la città in caso di successo elettorale delle camicie verdi. A elezione avvenuta, però, l’autoesilio non si verificò. Consolo minimizzò: «Era una provocazione». Anzi, quando nel ’95 il primo governo Berlusconi cadde proprio per la spallata leghista, un Consolo sempre saldamente installato a Milano elogiò Umberto Bossi in un’intervista a Repubblica: «Bossi ha capito che c’è una forte componente operaia nel Carroccio...». Durò poco. Quando la Lega si riavvicinò ai forzisti, l’arrabbiatura di Consolo e la minaccia d’esilio divenne «permanente». Ancora nel 2009 minacciava di tornarsene per sempre in Sicilia: «Oggi la Milano dei miei sogni, delle mia aspettative è una città irriconoscibile... Una città centrale della menzogna. Torno nella mia terra». Così come continue erano le sue esternazioni, che si trattasse di cantare le lodi dei «Girotondi» morettiani o di protestare contro la legge sulle intercettazioni. Tanto che dalle sue ire, sempre targate come antifasciste, non è riuscito a salvarsi nemmeno Roberto Saviano che pure nel 2006 lo definì suo «maestro». Il 24 dicembre 2009 Panorama pubblicò un’intervista a Saviano di Pietrangelo Buttafuoco. In essa l’autore di Gomorra rivelò di apprezzare e di leggere scrittori poco amati a sinistra come Evola e Céline.

Così Consolo, come scoprì il Giornale, chiese indietro la sua introduzione al cofanetto Einaudi Stile libero, con il dvd dello speciale di Che tempo che fa incentrato su Saviano.
Ma non solo scrittori: «Un’intervista con Pietrangelo Buttafuoco, che è un fascista, facendo l’elogio del ministro Maroni...». Per lui era altro tradimento.

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