Quando la Grande Mela era una piccola Amsterdam, tutta da ridere

C’era una volta Cristovallo Colon, «volgarmente detto Colombo». C’era una volta una meravigliosa arca che dall’Olanda approdò in una baia incontaminata oltreoceano per fondare Nuova Amsterdam. C’erano una volta gli Indiani, «molto propensi ai lunghi discorsi, e gli olandesi ai lunghi silenzi; dunque perfetti gli uni per gli altri». E poi strambi personaggi come Walter il Dubbioso, William il Bizzoso, Peter Testadura, ovvero i primi tre gloriosi governatori della provincia. Erano tempi in cui imperversavano le faide, come quella scoppiata tra i «Dieci Brache» e i «Braca Tosta» per decidere l’assetto urbanistico della futura New York: una città di canali, come Amsterdam e Venezia, o un insediamento su palafitte? Tempi in cui le donne più ambite erano quelle più in carne, e con un bel numero di sottane addosso, purché corte; e gli uomini non facevano altro che fumare pipe e ingozzarsi di ciambelle fritte. E la vera storia della New York delle origini, quella narrata in C’era una volta New York di Washington Irving (Donzelli, pagg.

316, euro 25) o piuttosto una bella favola? Forse il termine più appropriato è burla, in cui un giovanissimo Washington (1783-1859), noto soprattutto per essere l’autore di La leggenda di Sleepy Hollow, attraverso le strambe abitudini dei progenitori olandesi, intende colpire i vizi dei newyorchesi a lui contemporanei. Certamente il testo resta divertentissimo.

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