Signora, stia bene attenta perché oggi le voglio parlare di politica. Però non si allarmi, e neanche lei, signora Direttrice: io le cose le faccio per bene. Io non ho particolari simpatie per questo o per quello stato estero, ma sono un uomo giusto e sereno e perciò li detesto tutti allo stesso identico modo e, se le devo dire la verità, fra tutti i popoli nemici dell'Italia preferisco ancora gli italiani.
Io dunque le parlerò di politica e comincerò con l'avvertirla che in casa mia chi comanda sono io: il che vuol significare che io dico una cosa e mia moglie ne fa un'altra. Press'a poco quel che succede in tutte le case, salvo quelle degli scapoli dove chi comanda è l'uomo e chi si guarda bene dall'obbedire è la cameriera, la governante o qualche altra donna che non qualifico perché le situazioni equivoche non mi piacciono.
Io dissi a mia moglie che tutte le donne hanno il dovere di votare e la signora mi rispose che lei allora, per tutto il periodo delle votazioni, si sarebbe trasferita a Mestolo, un paesino dove il signor Mugello, che è la persona più istruita, non sa ancora che il conte Camillo Benso di Cavour è morto.
Due giorni dopo, ritornati sull'argomento, io affermai con ostentata arroganza che le donne, invece di andare a votare farebbero meglio a occuparsi di cucina e che non avrei mai permesso che mia moglie si appressasse a un'urna elettorale. Immediatamente mia moglie affermò si sarebbe recata alla sezione elettorale la sera precedente per essere ben sicura di votare per prima.
Poi scese un momentino dalla portinaia e, quando ritornò su, disse che avrebbe votato per i comunisti. Disse inoltre che se in casa non fosse cambiato radicalmente il sistema, avrei visto cose da pazzi.
«Basta» declamò «con la vecchia infamia della donna che deve dipendere dall'uomo! Qui siamo tutti uguali. Quello che hai tu devo avere io!».
Io le feci osservare che nell'amministrazione domestica io ero in istato di superiorità rispetto a lei soltanto per quello che riguardava i baffi.
«Io porto i baffi e tu no!» le dissi. «Ad ogni modo da domani sei autorizzata a portarli anche tu».
Il giorno dopo, ritornando dal lavoro, trovai l'esimia signora radicalmente cambiata.
«In tram» spiegò «un giovanotto col distintivo comunista se ne è stato comodamente seduto, mentre io, carica di fagotti, ero in piedi davanti a lui. Voterò per i monarchici: sono gente molto più educata di voi comunisti!».
Rincasando la sera seguente, mi comunicò gravemente che la signora Maria le aveva spiegato tutto:
«Ho saputo le belle cose che avete combinato voi monarchici!» mi disse con disgusto. «Voterò per i socialisti».
In quei giorni continuò a piovere e, dovendo rimanere in casa, la signora non cambiò idea fino al termine della settimana. Ma il lunedì me la vidi comparire davanti indignata:
«Ah,» mi rampognò, «bella roba che combinate voi socialisti! Taci o grido; non ti difendere o ti smaschererò alla presenza del casamento intero!».
Affermò che avrebbe votato per i liberali (...)
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