Quando i balestrieri avevano la «pensione»

Fra i titoli di fama di Genova del passato sono la Balestra e i Balestrieri; la balestra in particolare del tipo «manesca» portatile d’uso individuale, non da «posta» e di cui nell’Arco degli anni da l’XI al XV secolo furono maestri i genovesi, sia nella costruzione, sia nell’uso, come arma... tanto che come si può dire de le lame di Toledo, delle porcellane di Capodimonte, di Sassonia e di Sevres, dei tappeti persiani, così ed anzi a maggior ragione, si poteva ben dire della balestra e dei balestrieri genovesi... E non tanto sono le raffigurazioni del Cambiaso, del Tavarone, del Carbone che ad essa danno lustro quanto i fatti storici di là anche delle favole; Suona come favola di femminismo ante litteram che fra i balestrieri genovesi che nel 1099 parteciparono con successo all’assedio di Gerusalemme, vi fossero anche donne, ma non è una favola che nel 1173 venne stipulato un accordo fra la città di S. Giorgio (Genova) e il Marchesato di Gavi per l’impiego di balestrieri, come è storia che nel 1225 la città di Asti ebbe da Genova balestrieri appiedati e a cavallo, per difendersi da Alessandria. Ed è assodata la partecipazione e da protagonisti, dei Balestrieri della Repubblica, nel 1245 in un corpo di circa 500 nella difesa di Milano contro Enzo figlio di Federico II (...). Due anni dopo, però, loro colleghi, buoni 500, in due nuclei divisi sono in campo a Parma contro l’esercito imperiale. Nel 1306 si trovano nella battaglia di Gallipoli e poi nel 1340 in ben ventimila imbarcati su le navi francesi nella battaglia navale di Sluys contro gli inglesi; insomma sono al soldo un po’ tutti e non solo in Italia poiché in qualità di «mercenarii» vengono richiesti all’estero e come tali si pongono protagonisti della Guerra dei 100 anni fra Inghilterra e Francia, dalla parte francese in quel di Crecy (1346), in più di 10.000. La balestra preferibilmente adoperata era quella a staffa ma modificata dagli artigiani genovesi tanto da qualificarsi per il peso contenuto e la maggiore precisione e potenza. Gli artigiani detti balistari riuniti dal 1275 in una loro corporazione erano sotto controllo, nella loro produzione, ben attento da parte del governo della Repubblica che peraltro aveva monopolio del munizionamento confezionato a Genova da fabbri.
Peraltro la Repubblica proteggeva con leggi e la costruzione e la pratica della balestra, sponsorizzando esercitazioni, tornei, fra cui è da menzionare quello per la Tazza d’Argento, inoltre assicurava i balestrieri per quando non più in efficienza! Formazione tipica dei balestrieri era la «bandiera» impiegata soprattutto in mare, composta da 20-25 uomini, che infatti si ritrovano alla Meloria, a Caffa, a Famagosta e via dicendo... Il declino inizia nel XIV secolo per più circostanze: l’uso ormai delle bocche da fuoco, l’avvento di archi di acciaio del Bergamasco, il diradamento de gli effettivi genovesi o liguri quanto meno. Ma se in Genova la balestra si eclissa rimane la balestreria e non solo in Europa (...). Parlare di balestra nell’immediato dopo guerra era come parlare dell’Araba Fenice; ebbene ciò nonostante anzi anche proprio per ciò, nel ’75 ho promosso la fondazione della Bandiera Balestrieri della Lega, all’insegna di una stella d’oro in campo azzurro (blasone famigliare, con divisa Blues jeans e motto «ne obliviscar», nella prospettiva di una giusta collocazione nell’ambito societario mediata da iniziative che rinnovino la presenza della balestreria...

a tutta prima, certo che (come nel tiro con l’arco) il balestriere, nel tiro con la balestra, può andare oltre l’aspetto e il momento strettamente sportivo, per essere «uno» col dardo e col bersaglio...
*tratto da Scripta Dicta et Dicenda, edito da Amenothes.

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