Quando i romeni d’Europa siamo noi

Chris Mellas ha trentasei anni. È il patrigno di Amanda Knox. Di lei si è scritto e detto tutto per la storia brutta di Perugia e l’omicidio di Meredith Kercher. Mister Mellas ha voluto metterci del suo e ha concesso un’intervista all’Independent on Sunday dalla quale si evince che:
A) Amanda è stata costretta a confessare
B) L’interrogatorio, svoltosi di notte, è stato condotto con metodi coercitivi dalla polizia italiana
C) Uno dei poliziotti ha colpito alla testa più volte Amanda
D) L’interprete era di parte, dunque non neutrale
E) Amanda e Raffaele Sollecito sono stati trattati come criminali
L’intervistatore dell’Independent on Sunday ha ascoltato, scritto e non ha provato a porre domande sull’esito delle indagini, sulle prove a carico degli imputati, insomma sulla posizione della stessa Amanda Knox nell’intera vicenda.
Da ciò si deduce che il nostro sia il Paese dove non soltanto la giustizia non è uguale per tutti ma che la polizia, durante gli interrogatori dei sospettati, ricorre a metodi squadristi, picchiando, strappando confessioni forzate che devono seguire una tesi già costruita in precedenza.
Gli inglesi se la spassano con l’Italia. Tre giorni fa il Times ha lanciato un’iniziativa per spostare da Roma la finale della Champions league di calcio, sostenendo che la capitale è terreno di rischio per i cittadini britannici, alcuni dei quali sono stati accoltellati, in occasione delle partite di coppa europea di calcio del Chelsea, del Manchester United, del Middlesbrough, dell’Arsenal e che la polizia ha ripetutamente caricato e picchiato tifosi innocenti. Lo stesso Times ha evitato di riportare la risposta dell’Uefa, l’ente europeo che gestisce i tornei e che fa capo a Michel Platini: gli inglesi ci provano e ci riprovano sempre, non andava bene Mosca, non andava bene Istanbul, non andava bene Atene, vorrebbero sempre la finale a Wembley. Di più e di peggio il Times, considerato autorevole organo di informazione inglese, si è dimenticato di sottolineare il numero di morti per accoltellamento dell’ultimo anno nelle strade inglesi: ventisette, tutti giovani, senza interrogatorio coercitivo e pestaggio della polizia britannica che, come si sa o si usa dire, usa i guanti bianchi e la dinner jacket per intervenire durante le manifestazioni (chiedere ai tifosi della Roma che avevano seguito la squadra a Manchester). Se qualcuno avesse la memoria debole provvedo a scrivere il nome di Heysel, stadio di Bruxelles, morti 39, italiani, con la partecipazione del gentile popolo di sua Maestà.
Non è finita. L’Ilo, il comitato dei ventuno giuslavoristi di tutto il mondo che si occupa dell’organizzazione internazionale del lavoro ed è agenzia dell’Onu, ha denunciato l’Italia perché viola i diritti umani e il Cerd, sempre collegato all’Organizzazione delle Nazioni unite, per la lotta alla discriminazione razziale, ha aggiunto che in Italia vige l’odio nei confronti degli stranieri e che le forze di polizia maltrattano soprattutto i Rom.
Dunque non è cambiato nulla o forse siamo peggiorati. Siamo noi i romeni, anzi siamo sempre gli italiani di una volta, vittime di pregiudizio e di insoferrenza altrui. Il Paese della pizza, del mandolino e della magia adesso è anche il Paese dei razzisti e dei picchiatori, siamo noi gli scafisti del male, noi i cattivi torturatori dell’assassino Cesare Battisti, come dicono i brasiliani. La sinistra inzuppa il biscotto dell’informazione, come il Times, trascura di ricordare come mai l’emigrazione non punta ai Paesi comunisti, sempre che possa metterci piede o come mai in Gran Bretagna le leggi per concedere il permesso di lavoro sono severissime o come mai la periferia parigina va in fiamme con una puntualità abbastanza svizzera ma seguendo l’aria che tira all’Eliseo? Siamo noi dunque gli extracomunitari dell’Europa, i tafazzi della nostra civiltà, pronti a vendere il prodotto interno “lordo” cioè sporco, lercio, tra mafiosi e camorristi, intrallazzatori, pappagalli, corruttori, doppiogiochisti, vigliacchi nelle azioni di guerra, eroi soltanto nel calcio, pronti a prenderci gli insulti del Times o di mister Mellas, a scuola di vita da inglesi e americani, in ginocchio, con il bicchiere di champagne in una mano per festeggiare Obama o Zapatero, Sarkozy o la Merkel, ignorando che loro, americani, spagnoli, francesi o tedeschi se ne fregano di noi, essendo l’Italia un’espressione geografica come disse Metternich, senza esservi costretto dalla polizia.
Senza dimenticare come italiani siano stati e ancora sono trattati all’estero, non dico gli stilisti, i cuochi, i calciatori, gli imprenditori, ma i lavoratori, gli immigrati, la gente ordinaria che fatica, quello che, non avendo dimora, dormiva sulle grate della metropolitana parigina per sentire il caldo. Adesso no, siamo un buon traguardo turistico e basta, mister Mellas aveva spedito la sua figlioccia Amanda perché studiasse a Perugia.

Si era sbagliato, meglio le scuole americane, dove al massimo sparano e uccidono, a caso, ma trattasi di stragi, non di semplici omicidi. Speriamo che nessun mister Mellas si azzardi a dire che il Paese di Bush o di Obama fu trovato, per un errore di navigazione, da uno che, maltrattando la ciurma, veniva da Genova.

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