Quando l’arte è ferma al Seicento

Quando l’arte è ferma al Seicento

La mostra di Valerio Castello così amplificata dalle televisioni e dai giornali genovesi testimonia come questa città dal punto di vista pittorico ed artistico sia ferma al ’600 genovese e se ci sono passati grandi talenti bene, altrimenti pace.
Castello non vale i Macchiaiuoli che a Firenze attirano 500 mila visitatori.
Entrambe le città sono refrattarie ai movimenti pittorici e culturali post '800, in questo provinciali, ma i Macchiaiuoli valgono di più dei Seicentisti genovesi e in particolare di Valerio Castello che è solo uno scenografo rococò e che niente ha preso dalla pittura nordica e che come grande eredità lascia Domenico Piola e Stefano Magnasco. Fate cultura con questi nomi. Fate turismo di «nicchione» (ovvero di coloro che hanno i quadri in casa e li vogliono far fruttare) con questi teloni falsi ipocriti di una età che non c'entra con l'attuale, se non per mancanza di idee, per pura pittura naturalistica. Poca cosa che va bene per i circoli e i salotti privati della città, che sono della medesima pasta di coloro che bloccano lo sviluppo del porto e non solo. Vedi i casi del radiotaxi e della Stazione marittima.

Una mostra reazionaria, una mostra accademica che fu preceduta tra il '98 e il '99 a Bologna dall'esposizione della del Madonna della fruttiera presso le Collezioni Comunali D'Arte.
I bolognesi avevano compreso chiaramente che ne bastava una sola di tela per il pittore che si aveva davanti.
Università di Genova

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