Era lepoca in cui i pupazzi non facevano i giornalisti, ma si limitavano a duettare (come faceva Topo Gigio) con Raffaella Carrà. Lepoca in cui dalla Malesia arrivavano i pirati, le trasmissioni finivano alle 23 per lausterity, cerano Sandra e Raimondo (oggi al massimo Ilary e France). Lepoca doro della televisione, che poi tanto doro magari non era, ma chi ha intorno ai quarantanni (pollice più pollice meno) così se la ricorda. Come Michela Andreozzi, che a quegli anni si è ispirata per il suo A letto dopo Carosello, da lei scritto con Giorgio Scarselli e Max Viola e interpretato da sola («se poi qualcuno ha il coraggio di salire sul palco per il balletto finale ben venga, ma ripassi prima le coreografie di Don Lurio») al teatro Lo Spazio.
Un quasi varietà, accompagnato dalle musiche e dai colori dellepoca, a caccia di quellatmosfera un po così. «Sono legata a quegli anni perché grazie a essi sono ciò che sono, unesponente dellultima generazione cresciuta senza tecnologia. A parte il tubo catodico, sintende, che mi ipnotizzava per ore. Quegli anni e quella tv hanno condizionato il mio modo di ridere, sentire e commuovermi». Insomma, spettacolo di formazione con valvole: «È come se avessi ritrovato il mio giocattolo più divertente mentre pulivo la cantina dei ricordi. E adesso ho voglia di giocare con il pubblico».
Pubblico che sarà trasportato in un viaggio negli anni Settanta, quello che in fin dei conti si è rivelato il decennio più emozionante della nostra vita recente. Ancora di più per chi era abbastanza piccolo da poter ignorare gli anni di piombo, le domeniche senza auto, larco costituzionale, linflazione e la Prima Repubblica (quando nemmeno potevamo immaginare che ce ne sarebbe stata una seconda). Andreozzi farà esercizio di trasformismo attraversando tutti i generi televisivi, allepoca scanditi dai giorni della settimana: lunedì film, mercoledì sport, giovedì quiz, venerdì teatro, sabato varietà, domenica sceneggiato. E il martedì? Già, cera anche il martedì... E poi le sigle, i caroselli, i telefilm, le rubriche, anche quelle meno «glam» come lAlmanacco del giorno dopo, alla cui ipnotica sigla chiunque finiva attanagliato da una strisciante malinconia. «La televisione di allora era più magica, quelli che ci lavoravano erano la parte migliore di noi, quella più dotata, bella e capace di farci sognare. Ora con chi vuoi sognare?».
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