«Avendo dimestichezza con la politologia e la polemica, lho considerato un tema familiare. E non ho esitato a dire di sì. Guardavo il clima di oggi, e mi è parso pertinente. In Italia cè una tale carica di intolleranza, non si dialoga più, non cè comunicazione fra gli schieramenti. Ecco, mi è parso un tema sullattualità presente».
Dialoghi sulla Rappresentazione, volume quarto e terzo appuntamento di questa rassegna ideata da Sergio Maifredi, questa sera con Marcello Veneziani, firma del nostro giornale, introdotto dal caporedattore del Giornale di Genova, Massimiliano Lussana. Sempre a Palazzo Tursi e sempre alle 21. Dunque, il tema dellincontro: «Odiologia italiana. Il Novecento è finito, lodio è rimasto». «Parlerò di una filosofia dellodio - spiega Veneziani -. La tesi che proporrò è che fino al 900 lodio è stato un effetto secondario di alcune ideologie radicali. Con il nuovo millennio, invece, è venuto meno il tema culturale e si è fatto ad personam. Ha smesso di essere motivato da ragioni discutibili». Come dire, ha perso la base a cui attingere e si è messo in proprio e si è trasformato in un sentimento puntuale rivolto ad un bersaglio su riversare ostilità e insofferenza con lindividuazione di un avversario politico.
E però di questo sentimento così potente, tanto da essere considerato un motore del mondo al pari del suo opposto, lamore, nel suo viaggio il giornalista che ipotizza la nascita di una nuova branca del pensare, del sentire e dellagire, lodiologia appunto, ne descriverà anche gli aspetti positivi. «Spesso abbiamo bisogno di un nemico comune per creare una solidarietà sociale - continua a raccontare Marcello Veneziani -. Lodio costruisce un rapporto».
Ma una volta tramontato il secolo delle grandi passioni ideologiche che facevano da tessuto allodio, ora non diventa ancora più pericoloso?
«Quello universale produce devastazioni universali. Quello ad personam, invece, è molto più circoscritto. Ma è anche vero che lodio ideologico è astratto, mentre laltro è concreto, colpisce un bersaglio.
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