Uno si aspetta che il primo comizio della campagna elettorale di Silvio Berlusconi sia tutto un fuoco dartificio contro Prodi e Veltroni, una raffica di meriti e demeriti, una chiamata alle armi. E invece Silvio Berlusconi sale sul palco e parla della mamma scomparsa da pochi giorni. «La mia mamma», ripete. Muore la mamma «e ti senti strappare qualcosa di te». Perché «nella vita non cè nessuno al mondo che ci vuole in assoluto più bene come la mamma».
Il Cavaliere dedica a mamma Rosa i primi sette minuti e mezzo del suo intervento al meeting dei Circoli della libertà. Non è semplicemente il ricordo di un figlio addolorato: è che quel lutto ti cambia la vita. E nella mamma rivedi te stesso da bambino, rievochi i suoi insegnamenti, e ti rendi conto che il partito che hai messo in piedi 14 anni fa «si fonda sui valori che ho imparato dai miei genitori». Rileggi le tue imprese di «grande tycoon» e ti rammarichi per non avere passato più tempo per gli affetti più veri. «Quando si è giovani si tende a vivere lontano dai genitori, e anche dalla famiglia»: moglie e figli. «Quando si è nel pieno della vitalità magari si privilegia il lavoro, come io stesso ho fatto - confessa Berlusconi - e ci si dimentica perfino di telefonare. A lungo io facevo passare anche una settimana senza telefonare alla mia mamma». Dice così: non «mia madre», ma «la mia mamma».
Muore la mamma, scorre il film della vita, e ci si accorge che «col passare degli anni si capiscono molte più cose. Un po le mamme si addolciscono, un po i figli si riavvicinano, il legame si rinsalda e il tempo esalta quello che ti hanno insegnato». Ma è meglio rendersene conto presto: «Giovani, state vicini alle vostre mamme, ve lo dico dopo aver sperimentato lo strappo di aver visto portare via la mia». Lui, Silvio Berlusconi, dice di non avere rimpianti: «Negli ultimi anni sono sempre stato vicinissimo alla mia mamma. Le telefonavo due volte al giorno e lei recitava per me due rosari al mattino e due alla sera, così tanti che le dicevo: mamma, in Paradiso non sanno più dove metterli. Il lunedì avevo preso labitudine di pranzare con lei e passavamo insieme anche tutte le vacanze. Questa è una cosa che riempie di dolcezza e dà il senso della continuità: la memoria di quello che sei stato, la capacità di capire come sei, la speranza di quello che diventerai».
Ti dà anche la forza che non hai. «Cera anche lei la sera in cui riunii tutti i miei collaboratori più stretti, che erano anche i miei più cari amici, per decidere se entrare in politica. Fu una cena drammatica, avevo tutti contro, tutti preoccupati di quello che poi sarebbe puntualmente successo, dagli attacchi politici alle mie aziende alla persecuzione giudiziaria. La mia mamma se ne andò in silenzio. Ma a metà strada, in viale Zara, fece fermare il taxi davanti a quella che era stata la nostra casa. Sostò alcuni minuti, poi disse allautista: mi riporti ad Arcore. Mi trovò ancora sveglio perché non riuscivo a dormire. Mi disse: io sono contraria al tuo progetto politico, ma non ti riconoscerei più come il figlio che ho educato se tu senti il dovere di farlo ma non ne trovi il coraggio».
Ora la signora Rosa riposa nel «paradiso delle mamme assieme alla mamma di Gianfranco Fini», di cui proprio ieri mattina si sono celebrate le esequie. «A Gianfranco mando da qui un messaggio di conforto. Qualche giorno fa ci siamo abbracciati ricordando le nostre mamme. Lui mi ha detto: mia mamma era convinta di andare in Paradiso, sono sicura che cè un paradiso delle mamme, ripeteva». Un angolo di cielo tutto per loro, tinto di rosa anziché di azzurro, un posto speciale per ricompensarle di tutte le sofferenze patite.
Stefano Filippi
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