Quando la mobilità è amica dell’ambiente

Gli Stati Generali dell’auto. Invocandoli, non si è insediato certo in sordina Jacques Bousquet alla presidenza dell’Unrae: «Altro che crisi! Il mercato dell’auto è ormai strutturalmente troppo basso perché possa vivere bene e fare investimenti, e così sarà per 4/5 anni almeno. Noi vogliamo riportarlo sopra 2 milioni, ma bisogna trovare una spinta univoca per restituire all’automobile un ruolo chiave, anche da un punto di vista sociale, per la creazione o la difesa dei posti di lavoro e per il contributo al Pil e all’Erario».
Bousquet ha segnato un punto, spostando l’accento dal prodotto/mercato a un nuovo sistema di «mobilità ecologicamente sostenibile». La visione è ambiziosa e di ampio respiro, ma non sorprende: da mesi i vertici delle case mi parlano delle tematiche sociali, economiche e ambientali entro cui i loro clienti si muovono e dalle quali fanno dipendere l’acquisto di una nuova auto. «Noi - dice Massimo Gargano, ad di Toyota - siamo pronti a gestire le criticità e sono ottimista sulle capacità di recupero, ma nel Paese c’è un problema di generazione di ricchezza e di aspettative». Luca Napolitano, direttore mercato di Fiat, pur mettendo «al centro gli interessi delle reti», sottolinea che ognuno deve fare la sua parte: «Mi chiedo se e quanto le strade siano sicure, oggi che le auto lo sono».
Insomma, se non si interviene sul sistema-Paese, non si va lontano. Le case sono disponibili a cooperare, ma non sono interessate all’elemosina. «Non si tratta di trovare un sacco di soldi per sei mesi», precisa Bousquet, a cui fa eco Roberto Matteucci, ad di General Motors: «Vade retro qualunque aiuto tattico. Ci vuole un approccio di sistema stabile, moderno e innovativo, in cui anche noi case possiamo dare di più. Il vero problema ce l’hanno le reti, perché le case a livello europeo sono strutturate per reggere un mercato Italia a 1.800.000 unità, anche grazie ad altri Paesi che stanno tirando».
Le difficoltà del mercato ci sono, ma le case le affrontano con entusiasmo e passione, è il loro mestiere. La scossa viene da Giuseppe Tartaglione, ad del gruppo Volkswagen: «Avevano annunciato un uragano, invece piove. Se non ci vogliamo bagnare, l’ombrello ce lo dobbiamo procurare noi, da soli, con l’innovazione di prodotto. Ma il punto è come far smettere di mungere la mucca auto». Già. È difficile risvegliare la «passione e il piacere dell’auto», come indica Loris Casadei, past-president di Unrae, in persone cui vengono imposti balzelli crescenti per possedere/usare la vettura, la cui domanda è anelastica perché, di fatto, non c’è un sistema di mobilità alternativa che funzioni davvero.
Questa sensibilità delle case estere alle condizioni socio-economiche fa il paio con i richiami alle tematiche di «sistema» avanzate da Fiat nell’ultimo anno, essenziale per mantenere qui la produzione/occupazione.

Le prime attente ai consumi (essendo qui in veste di distributori), la seconda alle relazioni industriali (avendo siti produttivi), ma tutte convinte che il Paese sia al redde rationem e debba «darsi una mossa».
*Direttore Fleet&Mobility

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