Controstorie

Quando il ping pong riavvicinò Usa e Cina

Il 10 aprile 1971, grazie a dei giovani campioni del tennis da tavolo, è diventata una data storica

Quando il ping pong riavvicinò Usa e Cina

Tutto comincia con uno Sliding door, una porta che si chiude, un'altra che si apre, l'attimo che decide la via da prendere, la vita da vivere. Glenn Cowan ha diciannove anni, l'aria da hippy e i capelli lunghi alla Jim Morrison. Viene dalla California, ha perso il papà Phil, un pezzo grosso della tv, quattro anni prima, e nonostante l'aria sempre un po' svagata è una macchina da guerra, un fuoriclasse del ping pong, il miglior under 20 degli Stati Uniti. Ai Campionati del mondo di tennis da tavolo a Nagoya, in Giappone, è considerato una mina vagante, un ragazzino capace di tutto. Lo dimostra quando, persa per un soffio la navetta che riporta gli atleti al villaggio, si infila nel primo bus che capita. Il bus della Nazionale cinese, il bus del nemico. Gelo. Per dieci minuti nessuno parla. Poi uno si alza: è Zhuang Zedong, il giocatore più popolare dell'Impero del Dragone, il capitano della squadra, tre volte campione del mondo. Gli stringe la mano, gli regala un ritratto su seta dei monti Huangshan, gli parla attraverso un interprete: «Anche se il governo degli Stati Uniti è ostile alla Cina, il popolo americano è amico dei cinesi. Con questo regalo voglio dimostrarti l'amicizia che noi abbiamo per voi».

Cowan, preso in contropiede, cerca di ricambiare ma in tasca ha solo un pettine. Torna da Zhuang il giorno dopo con una maglietta con la bandiera pacifista in rosso, bianco e blu e le parole di Let It Be dei Beatles. La foto fa il giro del mondo e il mondo cambia faccia. Dal 1949 non ci sono relazioni tra Stati Uniti e Cina. La guerra tra Corea del Sud e Corea del Nord, con Stati Uniti e Cina schierati su barricate opposte e poi il Vietnam, hanno trasformato di fatto i due Paesi in nemici. Ma adesso tutto cambierà, per merito di una navetta presa per sbaglio.

In Cina il ping pong è più di una partita di tennis da tavolo. È lo sport nazionale, il gioco proletario e a basso costo che possono giocare anche operai e contadini e l'International Table Tennis Federation è una delle poche federazioni a riconoscere la Repubblica Popolare Cinese e non Taiwan. È impossibile separare il ping pong dalla politica: «Considera una palla da ping pong come la testa del tuo nemico capitalista e colpiscila con la tua stoccata socialista» spiegava Mao Tze Tung. Ma il grande Timoniere cerca da tempo di migliorare le relazioni con gli Stati Uniti anche e soprattutto per trovare un contrappeso geopolitico all'Unione Sovietica. Quando, sdraiato sul letto, vede le foto di Cowan e Zhuang sulle pagine di Dacankao, un giornale riservato solo ai papaveri del regime, si illumina. E decide di invitare in Cina la squadra americana. È un chiaro segnale per Washington: Pechino apre al disgelo. Il 10 Aprile 1971, mezzo secolo fa giusto, l'American team, sette giocatori, quattro uomini e tre donne, raggiunge la Cina da Hong Kong. Sono i primi americani a visitare l'Impero da quando Mao è al potere, è come sbarcare sulla Luna. Nel gruppo c'è Judy Bochenski Hoarfrost, 15 anni, caschetto castano, occhi azzurri: sostituisce per caso un compagno e si ritrova sulle prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo mentre stringe la mano al primo ministro cinese Zhou Enlai. Prima di questa banda di ragazzini solo undici americani erano stati ammessi nella Cina comunista, ma erano i compagni del Partito delle Pantere Nere.

Per Richard Nixon, che ha costruito una carriera politica sull'anticomunismo, la possibilità di un riavvicinamento con Pechino è l'occasione di dividere il campo comunista internazionale e allentare la pressione sugli Stati Uniti impantanati nel Vietnam. Tre mesi dopo il battesimo di quella che viene battezzata «la Diplomazia del ping-pong», Kissinger arriva a Pechino in missione segreta. La primavera dopo Nixon varca la soglia della Città Proibita e brinda con Mao alla riconciliazione, sette anni dopo i due paesi hanno di nuovo relazioni diplomatiche.

Zhuang piace alla moglie di Mao, Jiang Qing, qualcuno parla persino di una relazione segreta con la donna più potente della Cina. Grazie a lei diventa ministro dello sport e membro del Comitato Centrale del partito. Non è un uomo buono, ma un aguzzino del regime. «Ho fatto molte cose terribili di cui ora mi pento» dice in un'intervista nel 2007. Ma le cose cambiano. Dopo la morte di Mao nel 1976, Jiang e il suo cerchio magico, la famigerata Banda dei Quattro, viene arrestata per tradimento. Anche Zhuang finisce in galera. Per quattro anni gli è vietato il contatto con il mondo esterno, per due anni e mezzo è costretto ai domiciliari, per cinque viene esiliato nella provincia dello Shanxi. Gli viene proibito persino di giocare a ping pong con gli altri detenuti. Finisce a fare lo spazzino, un giorno, disperato, tenta di impiccarsi. Anche per Glenn la vita è dura. Ha problemi di droga, gli viene diagnosticata una forma di schizofrenia, è convinto di essere il fratello di Mick Jagger, il suo matrimonio dura due mesi, perde tutto quello che ha, diventa un senzatetto e muore di infarto a 52 anni nell'ospedale psichiatrico dov'è ricoverato. Zhuang, se ne è andato sette anni fa a 72 anni: riabilitato tornò negli Stati Uniti nel 2007 per incontrare la madre di Cowan. «Non aver più avuto più la possibilità di rivederti - scrive in una lettera che lascia alla mamma - è il più grande rimpianto della mia vita».

Non tutte le porte si aprono al momento giusto.

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