Quando gli scienziati si chiedono quale sia il limite tra la macchina e l'uomo

Tre saggi analizzano il sempre più complesso rapporto tra l'essere umano e la tecnologia

Evoluzione,natura, uomo,tecnologia. Un «quadrato» concettuale su cui poggia la civiltà. Un quadrato i cui vertici diventano sempre meno definibili provocando un dibattito etico violento. Per rendersi conto di quanto sia difficile definire la distanza tra ciò che è naturale e ciò che viene modificato dalla scienza basta leggere Umanità accresciuta di Giuseppe Granieri (Laterza, pagg. 165 euro 12). Il saggio ha per sottotitolo «Come la tecnologia ci sta cambiando» e spiega l'accelerazione provocata dal digitale che abbatte il vincolo dell'ambiente per consentirci di vivere altrove, cambiando il nostro rapporto con il corpo e con il reale. Lo stesso argomento, con implicazioni diverse e una forma discorsiva dialogica, è trattato in Perché la tecnologia ci rende umani di Stefano Moriggi e Gianluca Nicoletti (Sironi, pagg. 220, euro 19). Moriggi è un filosofo della scienza che si è formato alla scuola dei pragmatisti americani, Nicoletti un giornalista attento alle questioni tecnologiche. La loro chiacchierata ci accompagna dai robot che tengono compagnia agli anziani sino alle protesi meccaniche o alla genetica.

Partendo però da un presupposto meno preoccupato di quello di Granieri: «Siamo convinti che le tecnologie siano le più attuali e significative forme d'arte del nostro tempo e i laboratori scientifici le nuove botteghe». Gli effetti più minuti del digitale sulla vita quotidiana, li racconta Francesco Antinucci in L'algoritmo al potere (Laterza, pagg. 114, euro 14), dove si apprende che, ormai, pensiamo google.

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