QUANDO LO SPOT DETTA LEGGE

Certo che se passasse come regola quello che è accaduto nel corso dell'ultima puntata de Le iene (lunedì su Italia 1, ore 21), quando l'annuncio in diretta di un'edizione straordinaria del Tg della rete sul tragico attentato di Nassirya è stato seguito da cinque minuti di spot prima di dare la linea al notiziario, ci troveremmo di fronte a uno scenario davvero singolare. Quello in cui la pubblicità non interrompe soltanto «un'emozione» - come si diceva una volta a proposito dei film e dell'antica polemica felliniana antispot - ma pretende i suoi inalienabili diritti di precedenza su tutto e tutti, senza guardare in faccia nemmeno le urgenze della cronaca nera qualora esse incrocino gli spazi pubblicitari prefissati. Si spera che si sia trattato di un incidente di percorso, perché in caso contrario non varrebbe come giustificazione nemmeno il fatto che l'episodio di un'edizione straordinaria di un tiggì posposta e sottomessa alle incombenze pubblicitarie sia accaduto in una tv commerciale, esentata quindi dal sentirsi in imbarazzo per il «disguido». Va però detto che l'incidente, se così lo vogliamo chiamare, assomiglia in modo inquietante all'estremizzazione di un andazzo che su tutte le reti, pubbliche e private, si è configurato già da qualche anno: quello di «usare» la pubblicità per una sorta di pausa interlocutoria carica di suspense, cui si dà la linea prima di rispondere a una domanda importante, prima di far conoscere una notizia attesa con ansia. Si sa come vanno queste cose: si comincia a dare la linea alla pubblicità dicendo «questo ve lo diciamo dopo» a proposito di fatti di ordinaria routine, creando un po' di pathos in attesa di un innocuo gossip, o di un televoto, o della risposta esatta di un telequiz, e poi piano piano ci si allarga a rimandare a dopo la pubblicità l'annuncio di notizie sempre più importanti. Sino ad arrivare, passo dopo passo, a far sospettare il telespettatore che ci si possa servire di una pausa pubblicitaria alla stregua di un artificio alla Hitchcock persino in occasione di eventi drammaticamente reali. Volendo trarre una morale il più possibile non moralistica da questo episodio, andrebbe detto che l'importanza assunta dalla pubblicità negli ultimi anni reclama, insieme al rispetto per un'attività commerciale che consente all'intero sistema tv di arricchire la sua offerta, anche un'adeguata attenzione al suo uso e abuso.

A cominciare dalle piccole cose che poi tanto piccole non sono (il volume altisonante di molti inserti pubblicitari, l'invasione di spot non adatti ai bambini durante i cartoni animati), sino all'assurdità dell'edizione speciale di un tiggì che parte solo quando sono finiti i «consigli per gli acquisti».

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