«Ricordati che io a vent’anni andavo in barca con D’Alema e a trenta dormivo da Berlusconi». A Gianpaolo Tarantini piace fare colpo, e sintetizzava così il suo passato al compare Valter Lavitola. Ora tutti si concentrano sulle sue frequentazioni più recenti, cioè i legami con il premier, le estati in Sardegna, le escort. In realtà, come lo stesso Gianpi ha raccontato al pm barese Desiré Digeronimo, è stato il clan di Massimo D’Alema a svezzarlo in politica. E questo è un capitolo che si tende a trascurare.
Nell’inchiesta sulla sanità pugliese, quella per la quale è stato chiesto (invano) l’arresto del senatore Pd Alberto Tedesco, i riferimenti sono numerosi. Per arrivare all’ex premier, Tarantini aveva stretto rapporti con molti suoi amici. Era legato a Francesco Maldarizzi, un imprenditore che si muove tra nautica e commercio delle auto. E aveva agganciato anche Roberto De Santis, imprenditore con vari interessi (tra cui l’energia rinnovabile) e intimo di D’Alema. Siamo all’inizio del 2000. Sono loro a mettere in contatto i due. Il «re delle protesi» ha rievocato così la nascita del rapporto con D’Alema: «L’ho conosciuto in più occasioni, in particolare abbiamo fatto un week end insieme, io ero in barca con Maldarizzi e mia moglie. De Santis in barca con D’Alema e la moglie, andammo a Ponza». «Fu un incontro casuale, non sapevo chi fosse», minimizzò l’ex premier all’uscita dei verbali. Ma gli incontri continuarono. L’imprenditore ha raccontato di un successivo week end nel Salento con D’Alema, un appuntamento in una masseria tutt’altro che casuale. E poi della famosa cena elettorale nel 2007 nel ristorante barese «La Pignata»: insieme con Tarantini e una trentina di invitati erano attovagliati anche D’Alema e Michele Emiliano, sindaco Pd di Bari che nella precedente vita da magistrato aveva indagato sia alcuni collaboratori di D’Alema (nell’inchiesta sulla Missione Arcobaleno e i disastri della Protezione civile) sia lo stesso Tarantini.
L’attivismo di Gianpi aveva un obiettivo: essere introdotto nel cuore della politica regionale, che gestiva la sanità. Lo scopo della cena non era un mistero: «Invitare i primi dirigenti delle Asl, i primari e fare bella figura - raccontò Tarantini al pm Digeronimo - facendo vedere che c’era D’Alema. Non mi fregava di finanziare un partito. Quando vuoi fare bella figura con i primari, i dirigenti di un’Asl, inviti il ministro degli Esteri, sei più accreditato. Il conto? 1.770 euro».
Tarantini commercializzava protesi sanitarie e cercava sponde nel Pd, in particolare con Tedesco, ex assessore alla Sanità nella prima giunta di Nichi Vendola. Agli atti dell’inchiesta sono depositate pagine e pagine di intercettazioni: telefonate fra Tarantini e i figli di Tedesco, anch’essi imprenditori nel settore delle forniture sanitarie. Con tanti saluti al conflitto di interessi: Tedesco fu costretto alle dimissioni nel 2009 e ricompensato con un seggio al Senato. Secondo gli inquirenti, le imprese dei fratelli Tarantini e quelle della famiglia Tedesco in un primo tempo marciavano alleate, poi entrarono in conflitto.
Ma Gianpi si muoveva su svariati fronti.
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