«Quando via Torino era la nostra Carnaby street»

Elio Fiorucci, classe ’35, milanese doc, ha un ricordo piuttosto vivido della Milano del dopoguerra. «Mi ricordo quando tornai in città dopo essere stato sfollato per i bombardamenti: rimasi colpito dalle luci che la città emanava e l’allegria che infondeva. È un’immagine che porto sempre con me». Fiorucci, che aprì il suo primo negozio in via Torino all’angolo con via Valpetrosa - «un negozio futurista, forse il primo in città ad avere un ristorante al suo interno... In fondo via Torino era la strada più all’avanguardia della città, un po’la Carnaby street milanese, da cui sono partite tutte le mode, dai punk in su» - non è una persona nostalgica, anzi. «Io appartengo a quella categorie di persone - premette - che trovano naturali i cambiamenti urbanistici e che non amano rievocare la Milano di un tempo, anzi. Forse la preferisco adesso». Detto ciò Fiorucci ha fatto in tempo a vedere corso Vittorio Emanuele percorso dal tram: «Il tram attraversava tutto il centro, via Mazzini, piazza Duomo, corso Vittorio Emanuele e poi su per corso Venezia fino a piazza Oberdan. Dal casello daziario di destra partivano le linee veloci che andavano fuori città, la Milano-Monza e la Milano-Crescenzago».
Tornando al centro, impossibile dimenticare la pasticceria Motta tra vittorio Emanuele e San Babila, punto di riferimento per tutti i milanesi e le telerie Ghidoli, dietro il Duomo, meta di pellegrinaggio per sciure e casalinghe». Ora c’è un ristorante. Appartiene a un altro tempo la tradizionale riunione dei parrucchieri: «La maggior parte erano pugliesi. Il lunedì si trovavano davanti alla Galleria in centinaia per scambiarsi informazioni sui lavoranti». Il cuore della città come una qualsiasi piazza di paese? «Sì, Milano era molto provinciale. Mi ricordo - continua Fiorucci - anche il ritrovo, la riunione dei commercianti e produttori di granaglie in piazza Fontana». Vocazione commerciale anche per via Spadari e via Orefici («erano le strade della spesa, c’era già Peck, c’era un noto panettiere, il fruttivendolo...»).
Piazza Duomo, un po’ piazza di paese, un po’ simbolo della modernità: come dimenticare le insegne luminose di palazzo Carminati? «È stato veramente un peccato eliminarle, erano un simbolo del progresso e rendevano la piazza allegra. Inoltre rappresentavano un tratto distintivo di Milano, tanto che tutte le metropoli, da Londra a New York le hanno conservate...».

Anche via Meravigli ha cambiato aspetto, ora molti negozi sono chiusi o vuoti. «Via Meravigli, non ha mai avuto una sua fisionomia particolare, a differenza per esempio di via Dante. In via Meravigli mi ricordo che apparve il primo negozio della città di oggetti e gadget di design».

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