Quando la violenza obbliga a reagire

Antonio Catelli, un torinese tranquillo di 59 anni, saprà oggi quanto pesa sulla bilancia della giustizia il suo diritto alla vita e alla sicurezza. È un uomo con un passato irreprensibile – ex carabiniere, autista e guardia del corpo di Sergio Pininfarina – una vita ordinata, trasparente come tante che ci sfiorano senza mai richiamare l’attenzione, eppure è formalmente indagato per omicidio volontario e tentato omicidio, perché il demone della violenza urbana ha voluto che fosse implicato un una brutta storia di prepotenza e di morte. Oggi dovrebbe esserci l’udienza di convalida del suo fermo e si saprà se sarà mantenuta nei suoi confronti la pesante accusa che prevede anni e anni di carcere. Una storia di cani e uomini feroci: sabato sera, quartiere Santa Chiara, Torino, una zona tranquilla. Mario Catelli, 32 anni, figlio di Antonio, passeggia con la figlioletta di due anni nel giardinetto pubblico. A un tratto sfreccia un cane, un dogo argentino. La bestia è senza collare e senza museruola, correndo urta la bambina e la fa cadere. Mario Catelli protesta, invita il proprietario del cane a controllarlo, ma per tutta risposta rimedia un’aggressione. Sono in due a pestarlo. Pugni, il naso rotto, un accanimento bestiale, coi picchiatori che continuano a sferrare calci anche quando Mario è a terra. Alla scena assiste dalla finestra Antonio Catelli che decide di intervenire per proteggere il figlio e la nipotina. Si porta la pistola regolarmente denunciata perché ha capito che gli aggressori sono prepotenti e balordi. Ma non la impugna, non ha l’attitudine dello sceriffo. Scende in strada e tenta di discutere, ma si prende la sua razione di botte. E la pistola non la tira fuori dalla tasca. Ma a quel punto entra in scena un terzo uomo, amico dei due picchiatori, che tira fuori da un giubbotto una pistola. Che risulterà illegalmente detenuta, con la matricola abrasa. A questo punto Antonio Catelli spara e uccide l’uomo con la pistola. Quest’arma scivola per terra e un amico dell’ucciso cerca di recuperarla, ma Antonio Catelli gli spara prima che possa usarla. Questo secondo uomo è in ospedale. La ricostruzione degli avvenimenti è confermata da tutti i testimoni, ma ciò non toglie che le accuse per Antonio Catelli siano di omicidio volontario e tentato omicidio, come se si fosse buttato nella mischia per puro spirito di sopraffazione e non con l’intento di difendere suo figlio e la sua nipotina da un’offesa ingiusta che ne metteva in pericolo la vita. Le anime belle ci insegnano che non bisogna mai farsi giustizia da sé. Nel migliore dei mondi possibili Antonio Catelli avrebbe dovuto tentare – ma come? – di richiamare l’attenzione delle forze dell’ordine perché si occupassero del cane e dei suoi accompagnatori. Ma la vita è altra dalle utopie, la vita talvolta ti prende alla gola e una violenza diffusa ci riporta quasi al tempo in cui i mercanti, prima di un viaggio, facevano testamento e assoldavano una brigata di armati per difendersi dai banditi. I maestri del rovescio e del diritto vorranno farci credere che la legittima difesa è un delitto – pur non essendo un errore – ma questa tesi è debole.

Il diritto di difendere se stessi e i propri cari è stato sancito nella coscienza delle popolazioni civili e nelle loro legislazioni molto tempo prima del nostro codice penale e della nostra Costituzione. Adesso tocca a un giudice dirci in quale mondo viviamo.

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