nostro inviato a Valencia
«Un atto di scortesia diplomatica grave e del tutto gratuito», poiché «il capo del governo spagnolo non aveva certo bisogno di questo nuovo sgarbo per dimostrare la sua ostilità alla tradizione cattolica che ha segnato la storia della Spagna, avendolo già fatto ed esibito in mille modi, soprattutto nei provvedimenti di fatto rivolti contro la famiglia». Con queste dure parole il quotidiano dei vescovi Avvenire ha commentato ieri la decisione di Zapatero di non presenziare alla Messa celebrata da Benedetto XVI a Valencia. Colpisce il fatto che questa assenza abbia provocato più reazioni e commenti politici in Italia che in Spagna, e certo non hanno contribuito a rasserenare gli animi le parole del portavoce Vaticano il quale ha ricordato che neanche Ortega, Jaruzelski e Castro avevano disertato le celebrazioni pontificie nei loro Paesi. E cè stato anche chi ha fatto notare come il gesto del primo ministro spagnolo rappresenti un segno di coerenza: non essendo credente, non ha ritenuto di prender parte alla cerimonia religiosa, ma è comunque andato ad accogliere il Papa allaeroporto e a fargli una visita di cortesia in arcivescovado.
Davvero quello di Zapatero può essere considerato un atto di coerenza? Ciò che era accaduto nel 2003 a Madrid, in occasione dellultima visita di Giovanni Paolo II in Spagna, lo mette seriamente in dubbio. Era il 4 maggio e Papa Wojtyla, presente nella capitale spagnola per una visita lampo, celebrava cinque canonizzazioni nella centrale piazza Colón. Venti giorni dopo si sarebbero tenute le elezioni municipali e a quella Messa solenne dellanziano Pontefice, in quella piazza sovrastata dalle gigantografie dei nuovi santi tutti preti e monache cera proprio lui, José Luis Rodriguez Zapatero, allepoca giovane leader del Psoe, il maggior partito dopposizione al governo del popolare Aznar. Zapatero, che non era accompagnato dalla moglie e non sembrava poi così a disagio tra le nuvole dincenso e i canti popolari dei fedeli, aveva assistito alla Messa dalla tribuna delle autorità seduto tra il presidente del Consiglio di Stato Romay e lex commissario europeo Oreja. Perché allora sì e oggi no? Il motivo è presto detto: subito dopo la cerimonia, Zapatero doveva salutare per pochi minuti Giovanni Paolo II nella sacrestia allestita sotto laltare. Vedendolo così giovane il Papa gli aveva chiesto se era lui ad aver sostituito Felipe Gonzalez e quindi aveva voluto sapere la sua età. «Ho quarantadue anni», gli aveva risposto Zapatero, sentendosi replicare da Wojtyla: «Io il doppio». In quella occasione il futuro premier aveva ringraziato il Pontefice per la posizione della Santa Sede contraria alla guerra in Irak. È evidente dunque che non sono certo motivi di coscienza ad aver motivato la rinuncia di ieri.
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