Però, Calisto Tanzi. Sullo tsunami processuale che l’ha condannato a 18 anni per la bancarotta fraudolenta di Parmalat, dopo i 10 già incassati a maggio per aggiotaggio, ha saputo dire soprattutto questo: “Non mi aspettavo una sentenza così severa”. E come no. Lui vive in Italia, dunque mai più pensava che potessero castigarlo così tanto per così poco. In definitiva, cosa avrà mai fatto: un banalissimo crack in una delle più belle aziende nazionali, capolavoro che adesso dovrà parzialmente risarcire alla nuova gestione con 2 miliardi di euro (dei 600 milioni di obbligazioni emesse quando giù era nel baratro, lui e la sua cricca dovranno restituirne 30). Tutto qui. Dove sta lo scandalo. Come si dice in questi casi, non ha ucciso nessuno. Certo non è mai bello infierire su una persona anziana, per di più in completa disgrazia. Ma nonostante abbia attorno un battaglione di eminenti avvocati, evidentemente Tanzi fatica a capire. Se 18 anni gli sembrano tanti, è un fatto che non gli basterebbero 18 vite per cancellare le sofferenze inflitte a migliaia di persone comuni, tutte persone all’epoca pronte ad affidargli la propria fiducia e soprattutto i propri risparmi. In ogni caso, Tanzi può consolarsi. Sta nel destino di questa penosa storia italiana l’elemento sorpresa. Se lui non si aspettava una sentenza così pesante, i pensionati in rovina non si sarebbero mai aspettati di invecchiare nel modo più umiliante.
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