Lasciatemi essere melensa per una volta, proprio mentre i missili iraniani vengono montati sulle rampe e gli F16 israeliani rollano: è una storia di scienza e di buon senso, una storia in cui una dottoressa iraniana di una clinica universitaria, tuttavia prudentemente firmatasi «N.N.», ha contattato «urgente!» il dottor Adi Weissbuch a proposito di una sua paziente alla sedicesima settimana di gravidanza con una grave malattia genetica. La dottoressa «N.N.» era molto preoccupata perché in Iran l'aborto è proibito dopo la diciottesima settimana. Che fare? La ginecologa iraniana aveva letto un bell'articolo, appunto del dottor Weissbuch, e a lui si è rivolta: lo ha cercato a casa sua in Israele, all'ospedale Kaplan di Rehovot. «Per me - ha detto Weissbuck - un paziente può essere di qualsiasi religione o nazionalità. Noi vogliamo solo fornire il giusto trattamento. Tutta la corrispondenza portava una intestazione col mio nome e la dicitura Stato d'Israele: mi è bastato questo».
Purtroppo la gravidanza non aveva speranza. Ma i prodigiosi interventi della medicina israeliana contano una grande quantità di happy end nel mondo arabo.
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