Quanti nemici per Google L’Europa ora indaga sui dati intercettati nei pc

Il motore di ricerca ha "captato" spezzoni di mail e pagine web dai computer di utenti in 33 Paesi. Il garante della privacy monitorerà ogni nuovo servizio del motore di ricerca

Quanti nemici per Google  
L’Europa ora indaga  
sui dati intercettati nei pc

I maligni dicono che l’arcinoto motto aziendale di Google, «Non essere malvagio», sia ufficialmente cambiato dopo la quotazione in Borsa in «non essere TROPPO malvagio». Il commento più acido su quel motto però è di Steve Jobs: «Stronzate».
Sarà solo invidia? Si sa che Microsoft li considera rivali pericolosi. E il debutto nella telefonia ha fatto dire ad Apple che Google vuol distruggere il loro prezioso iPhone.

Eppure Larry Page e Sergey Brin, fondatori del motore di ricerca più cliccato del pianeta, hanno sempre spiegato di «voler cambiare il mondo», dal 2004 si sono ridotti lo stipendio a un dollaro e nella sede di Mountain View hanno adottato misure anti-inquinamento e sono pieni di pannelli solari. Risultato? L’Harper’s Magazine li ha accusati di mettere in piedi campagne «verdi» solo per non far notare al mondo quanta energia succhiano i propri server. Intanto le classifiche di Forbes hanno svelato che i due fondatori posseggono una fortuna che vale 18 miliardi di dollari a testa, dunque gli stipendi da 150mila dollari cui hanno rinunciato sono noccioline. E ora il mondo, lungi dal farsi cambiare, vorrebbe che fosse Google a farla finita con i modi da Grande Fratello informatico.

In 12 anni di attività, l’azienda di Mountain View è riuscita a battere tanti record, incluso quello del numero di nemici accumulati. All’elenco si sono appena aggiunti diversi governi europei. Italia, Francia, Belgio, Spagna, Svizzera e Repubblica Ceca indagano su una possibile violazione della privacy da parte della società informatica. Tutta colpa di Google Street View, straordinario servizio che permette non solo di localizzare un indirizzo su una mappa, ma consente anche di visualizzarne un’immagine. Per realizzare questo album fotografico mondiale, Google ha inviato per le strade di 33 Paesi le proprie auto attrezzate per scattare foto e inviarle direttamente ai server negli Stati Uniti. Il problema è che la tecnologia di cui sono dotate le macchine, «per un errore», dicono dalla sede in California, ha intercettato informazioni sui computer di chi vive e lavora nelle case fotografate (grazie alle reti senza fili, il cosiddetto WiFi, ove non protette da password).

Google, pressato dal Garante della privacy tedesco, ha svelato che si tratta di una quantità notevole di dati, 600 gigabytes, ma giura che si tratta solo di stralci di pagine internet visitate e pezzi di email. Ma molti Paesi europei, Italia inclusa, non si sentono affatto rassicurati e chiedono di «congelare» i dati e fornire chiarimenti. Anche Hong Kong si è unita alla richiesta. Altri governi, come Austria e Danimarca, hanno invece chiesto la distruzione dei dati «captati». E ora anche agenzie governative di Stati Uniti, Australia e Nuova Zelanda hanno deciso di esaminare le attività del motore di ricerca.

E inciampare nel rischio di violare la privacy sembra essere diventata un’abitudine per il motore di ricerca. Di recente il garante italiano della riservatezza e altri colleghi europei hanno messo sotto accusa Google Buzz, il social network che aveva prelevato senza autorizzazione gli indirizzi e-mail degli utenti. E, sempre in Italia, l’Authority ha acceso un faro anche sul sistema della pubblicità, GoogleAd. Un tasso di recidiva tale che ora l’Authority guidata da Francesco Pizzetti sarebbe intenzionata a vagliare ogni nuovo servizio lanciato da Brin e Page. E del resto Google vanta in Italia anche una condanna per violazione della privacy, sia pur molto dubbia, per il caso del video del pestaggio del disabile.
Tutti contro i «non malvagi». Pubblici ministeri, ecologisti, concorrenti in affari, governi democratici e pure quelli totalitari, visto lo scontro con la Cina sul tema della censura: la società è finita sotto attacco sia da parte di Pechino sia degli attivisti per i diritti umani, secondo cui l’azienda californiana aveva permesso al governo comunista di mettergli il bavaglio.

Chi è il prossimo

nemico? Basta guardare ai servizi in arrivo, come la GoogleTv. Mediaset ha già vinto una causa per i propri spezzoni di programmi che finivano on line. E Murdoch ha lanciato la guerra al servizio Google News. Avanti un altro.

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