Ma quanti tributi ci sono già sugli alloggi

di Corrado Sforza Fogliani*
Sugli immobili urbani gravano tributi di vario tipo: patrimoniale, reddituale, sui trasferimenti. Il settore è poi colpito, direttamente o indirettamente, da un’altra serie di forme di imposizione: dall’Irap (in relazione ai fabbricati non strumentali) alla tassa o tariffa sui rifiuti; dall’imposta sostitutiva sui mutui al tributo provinciale per l’ambiente. Fino ad arrivare ai contributi obbligatori ai Consorzi di bonifica. Gli immobili urbani sono gli unici beni tassati su base patrimoniale, e ciò attraverso una serie di tributi: l’Ici, soppressa nel 2008 esclusivamente per le abitazioni adibite ad abitazione principale, e con esclusione delle unità immobiliari di categoria A/1, A/8 e A/9; la stessa Irpef sulle «seconde case», e comunque su tutti gli immobili tenuti a disposizione, con le relative addizionali comunali e regionali, essendo in questi casi tassato un reddito meramente figurativo; l’Imu (che sostituirà l’Ici e parte dell’Irpef a partire - salvo anticipazioni - dal 2013), che dell’Ici replica il vizio di fondo, vale a dire quello di essere un’imposizione puramente patrimoniale; l’imposta di scopo comunale, un’addizionale all’Ici, di molto appesantita con il decreto sul federalismo fiscale, attraverso la quale i sindaci possono mettere in cantiere delle opere pubbliche e farsele finanziare al 100% da una sola categoria di contribuenti, quella dei proprietari di casa (in molti casi non votanti in quanto non residenti); l’imposta di scopo provinciale, un’ulteriore addizionale all’Ici appena introdotta con il federalismo fiscale, modellata sull’impianto dell’imposta di scopo comunale ma resa maggiormente pericolosa dal fatto che potrà essere istituita anche per «particolari scopi istituzionali...»; il previsto Tributo rifiuti e servizi-Res: un tributo che, alla parte sostitutiva della tassa-tariffa rifiuti, affianca una componente (del tutto inedita, finora) collegata a servizi indivisibili (dalla viabilità all’illuminazione delle strade, fino alla polizia urbana, per capirci), e quindi irragionevole in sé, ma per di più avente come (assurda) base imponibile il valore catastale degli immobili. Il quadro sopra descritto dimostra come la fiscalità immobiliare necessiti in Italia di un’azione di equità (anche con riguardo a forme particolari di proprietà). L’equità fiscale non ammette infatti discriminazioni fra soggetti incisi (specie sulla base delle forme di proprietà, persone fisiche o società) così come non ammette (ed è il civile principio stabilito dalla Corte costituzionale tedesca) che il prelievo fiscale sia - come avverrebbe in Italia, per un gran numero di concrete fattispecie - superiore alla capacità di reddito dei beni colpiti.

Il confronto, poi, con gli altri Paesi sul livello della fiscalità immobiliare, sia urbana che rustica, non può prescindere dalla considerazione che l’immobiliare urbano patisce in Italia una tassazione patrimoniale che non ha paragoni, mentre altrove è caratterizzata dall’essere ancorata al reddito.
*presidente Confedilizia

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