Quanto (poco) interessa la disquisizione sul significato di escort

«Ancora una volta, quel genio della comunicazione che è Berlusconi, pur in grave difficoltà a causa della sua disordinata e sconsiderata vita privata, li ha battuti usando quattro paroline magiche: non sono un santo», ha scritto sul Corriere della Sera Angelo Panebianco. Però è certamente uno sprovveduto perché non sarebbe successo tutto questo casino se anzi che rivolgersi a quel deficiente di Tarantini che gli ha portato quella malintenzionata della D’Addario, una quarantenne escort barese (a Napoli le chiamiamo zoccole), avesse dato incarico a qualcuno di telefonare al 335.17.63.121 (Piccoli Annunci a pag. 36 del Corriere della Sera), il numero di una Agenzia milanese in grado di procurare «accompagnatrici di alta classe, giovani, bella presenza, affascinanti modelle e interessanti hostess» (annunci che costano un occhio della fronte mentre alla D’Addario viene data da una certa stampa italiana e straniera una pubblicità gratuita fino a farla diventare la zoccola più accorsata d’Italia e, chissà, anche d’Europa).

Ecco fatto. Ci siamo. Io le sono grato, caro Mazziotti, per avermi rivelato il termine «accorsata» che, vengo a sapere, nel nostro caso sta per «frequentata», «richiesta». Ma per il resto, scusi, le pare che dopo tutto quanto gli hanno tirato addosso i repubblicones sia il caso di contestare - noi papisti! - al nostro beneamato Papi addirittura il modus operandi? O la qualità della merce scelta? Capo d’accusa sul quale La Repubblica ha ipocritamente sorvolato perché la D’Addario è la loro gola profonda, è la loro teste Alfa e le testi Alfa come d’altronde le Omega van trattate coi guanti bianchi finché sono sotto spremitura. Poi, chi s’è visto s’è visto. Mi pare inoltre che lei, Mazziotti carissimo, liquidi un po’ troppo sbrigativamente il ruolo della escort, accumulandolo senza esitazione a quello di peripatetica (la versione partenopea-romanesca da lei scelta rende più l’idea, d’accordo. Però, secondo la declinatrice della quale ci occuperemo subito, quel termine è un «veterologismo». E noi, veterologisti, mai). Si vede proprio che non ha letto Lidia Ravera - eccola, la declinatrice - la quale per l’Unità, ti va a «declinare la parola escort», come scrive, palesemente in brodo di giuggiole, la direttrice del quotidiano che fu di Gramsci (ma anche di Furio Colombo se è per questo), Concita De Gregorio. «Siamo di fronte al mestiere più antico del mondo - declina Ravera -, oppure alle interpreti di un rinnovamento della raffinata professione delle cortigiane rinascimentali o delle esotiche geishe?». Per non farla stare in ansia le dico subito che l’impareggiabile Ravera opta per il rinnovamento anche se, a volerla declinare tutta, «la professione di escort unisce alla moderna sensibilità post-femminista il fascino d’una lunga tradizione». È la moderna sensibilità post-femminista, sempre ch’io abbia capito bene, che induce la escort a munirsi «di miniregistrazioni e bobine perché non si sa mai».

Ed è il fascino d’una lunga tradizione che la porta, invece, ad indossare «lingerie coordinata». Chiaro come il sole, no? Dunque presti attenzione, caro Mazziotti: eviti, in futuro, di far dell’erba escort un fascio di bagasce. Distingua, declini se può. E lasci in pace Papi.

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