Cronache

Quarant’anni di sentimenti nei «Pezzi» di De Gregori

(...) Fermo restando che De Gregori si conferma e si pone a livelli artistici ben più elevati della media nazionale dei musicanti leggeri e tra i cantautori gli si riconosce uno spessore di cui non molti possono vantarsi.
Musicista schivo ed appartato, poco propenso ad apparizioni televisive o ad interviste giornalistiche, Francesco De Gregori ama per contro il contatto diretto col proprio pubblico: di qui, nasce forse pure la predilezione sua per le incisioni dal vivo, che lo ha condotto a soventi puntate discografiche nella dimensione del «live».
I «degregoriani doc» si sorprenderanno nel non riuscire a cogliere differenze tra i brani contenuti in «Pezzi» suonati dal vivo e i corrispettivi incisi sul cd. L'ultimo lavoro dell'artista, infatti, si distingue proprio per l'immediatezza dei suoni e degli arrangiamenti che appaiono più che mai figli per l'appunto della dimensione «live» prediletta dal cantautore: «È' la prima volta - dice Francesco - che un mio disco suona esattamente come suonerà dal vivo con la mia band».
Un disco dal linguaggio decisamente rock lontano dall'estetica pop; un rock forte, incandescente come nei brani «Tempo reale» e «Il panorama di Betlemme», dove le chitarre vibrano ardenti.
I brani di «Pezzi» si compongono e scompongono velocemente al ritmo serrato di una voce sempre più corrosiva e di un'ispirazione che proietta una fortissima luce di novità, brani destinati ancora una volta a lasciare il segno. Un De Gregori in versione 2005 che illumina e riscalda con la sua elettricità e la sua poesia.
La sua musica è una scarica elettrica che ti colpisce e ti scuote con tutta la sua forza. Ma naturalmente non è solo questo. In esso confluiscono sentimenti fortissimi, l'amarezza per il tempo in cui viviamo, momenti remoti che non possono esse più vissuti, storia. Ecco che, da questo punto di vista, «Pezzi» può rappresentare una foto in ricomposizione, presente e passato insieme, o meglio un'immagine formata da tanti frammenti, pescati qua e la nella mente e ricomposti come i pezzi di un «puzzle». Del resto è questa l'idea che immediatamente si percepisce osservando la copertina.
Questa è la caratteristica fondamentale del suo ultimo lavoro: immagini, musica e parole si fondono e ogni singola emozione, ogni frammento, sicuramente può essere separato dal resto del contesto, ma assume un valore aggiunto, più profondo, se considerato in una visione d'insieme.
«Pezzi» è un crogiuolo di sentimenti, molto spesso contrastanti, che contribuiscono tutti a dare un'immagine più nitida e completa del tempo in cui viviamo. Non è solo un album di musica ma un'opera che va in senso opposto a qualsiasi vento imposto dal mercato discografico. Un disco molto «dilaniano» per intenderci, anarchico quanto basta per distinguersi dalla massa conformista, che ormai si è abituati a subire in ogni espressione.
«Pezzi» testimonia l'inesausto impegno civile e politico del cantautore romano, ed è ulteriore tassello d'un mosaico d'artista tra i più validi ed originali della musica nostrana contemporanea, nel quale è sempre bello addentrarsi per decifrare le nuove stagioni.

Un nuovo De Gregori che si rinnova nel tempo, perché la musica italiana cambia , perché cambia la musica nel mondo; ma lui osservatore così attento di quello che succede intorno, fa parte di questo cambiamento, ed è riuscito a interpretare l'onda e le emozioni nei sentimenti che sono avvenuti in questi ultimi quarant'anni.

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