«In quaresima, ceci, baccalà e maritozzi a tutta battuta». Così Gigi Zanazzo, nel 1907, illustrava i precetti culinari della quaresima. Regole religiose e pratiche: di grasso si mangiava a carnevale e a Pasqua, tra le due ricorrenze era bene frapporre un periodo di continenza gastronomica. Non mancavano «aiutini», dal fritto, per rendere più golosi pesce e verdure, a uova, formaggi e carciofi. Mangiare «di penitenza» non significa rinunciare al gusto. Abbiamo chiesto ad alcuni chef di dimostrarcelo con ricette ad hoc.
Millefoglie di capesante con carciofi romaneschi e menta è lantipasto di Massimo Riccioli, chef della Rosetta (via della Rosetta 8; 066861002). Per quattro persone occorrono 12 capesante, quattro carciofi romaneschi, foglie di menta, basilico, extravergine di oliva, aglio, peperoncino, pepe, una noce di burro e della colatura di alici. «I carciofi, puliti e in fettine sottili, si mettono a bagno in acqua acidulata col succo di un limone. Tolto il corallo e tagliate a metà, le capesante si fanno in padella con burro, sale, pepe e un goccio di colatura, facendo attenzione a dosarla data lestrema sapidità. Si saltano a fuoco medio le lamelle di carciofo con menta, aglio, olio, peperoncino. In una padella di ferro, con laiuto di coppapasta, si pongono per ogni persona carciofi e capesante a strati. Si termina il millefoglie, infilandovi il corallo delle capesante in verticale. Si inforna sette minuti a centocinquanta gradi. Nel piatto, si condisce con olio, in cui sia stato frullato del basilico».
Antonello Colonna, anima di Open Colonna (via Milano 9; 0647822641) propone Gnocchi di patate con carciofi, menta: 400 grammi di patate, 200 di farina doppio zero, 100 di pecorino romano, quattro carciofi romaneschi, un uovo, un mazzo di menta romana, un bicchiere di vino bianco, due spicchi daglio. «Le patate, in purea, si impastano ancora calde con uovo, farina e sale, lasciando riposare per dieci minuti. Poi si fanno cilindri di un centimetro di diametro. Per la salsa, i carciofi, puliti e a julienne, si soffriggono con olio e aglio, sfumando con il vino. Scolati, gli gnocchi si mantecano in padella con pecorino e una spolverata di pepe nero. Si decora con foglie di menta».
Il baccalà è protagonista del secondo piatto: Francesco Apreda, chef di Imàgo, (hotel Hassler, piazza Trinità dei Monti 6; 0669934726), lo «firma» glassato al sake con pappa al pomodoro. Per sei persone: 900 grammi di baccalà, 500 di pomodori, altrettanti di pane sciapo raffermo, 60 di purea di cannellini, 40 di zucchero, un porro, 50 ml di sake, 30 di aceto di riso, come di acqua. «Si fa una salsa, stufando il porro tagliato finemente con olio, si aggiungono i pomodori affettati, si procede come per una comune salsa di pomodoro, aggiungendo sale, basilico tagliato finemente e pane raffermo a fette. Si cuoce venti minuti. Dissalato il pesce in acqua per un giorno, si fa a filetti. In una terrina si prepara un composto di purea di cannellini, sake, aceto di riso e acqua, in cui si cuociono i filetti a fuoco basso per almeno trenta minuti. Si glassano continuamente con il composto e si servono sulla pappa al pomodoro».
Ispirata alla tradizione ebraico-romanesca, la «chiusura» di Alessandro Circiello, chef dellhotel Exedra (piazza della Repubblica 47; 06489381): crostata di ricotta e visciole con gelato di cannella. Fatta una pastafrolla sottile, si prepara la farcia con 400 grammi di ricotta di pecora, 100 di zucchero e anche di visciole denocciolate, 30 di cacao amaro e della scorza di arancia. «Miscelata la ricotta con gli altri ingredienti, si pone nella tortiera foderata di pastafrolla e si cuoce in forno quaranta minuti».
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