Cronaca locale

«Quattro cortei in 7 giorni... Basta»

«Quattro cortei in sette giorni? Ma non vi sembra - e mi rivolgo a questore e prefetto - che questi musulmani stiano esagerando? Avete paura di essere criticati se gli negate una manifestazione una volta tanto? Per fortuna che abbiamo un ministro degli Interni leghista, speriamo prenda provvedimenti lui. In fondo Milano non è mica la Palestina! Questa situazione non è sostenibile».
È molto perplesso il vicesindaco Riccardo De Corato: i cortei pro Hamas, sotto la Madonnina, sono diventati troppo frequenti per i suoi gusti. Quelli che lui chiama «i sabati di Gaza» devono finire.
Lei crede che le autorità cittadine siano troppo morbide con i musulmani?
«Gli islamici urlano lungo le strade, insultano George W. Bush, minacciano gli Stati Uniti, bruciano le bandiere israeliane - prosegue il vice sindaco -. E poi la Digos manda un rapporto in Procura solo perché mi muovo io a chiederlo...Per fortuna oggi (ieri per chi legge, ndr) hanno sfilato nella zona più videosorvegliata della città».
Cosa ne pensa delle scuse fatte dalla comunità islamica per i fatti di una settimana fa sul sagrato del Duomo?
«Innanzitutto mi chiedo com’è possibile che la Curia, la comunità cattolica, riceva in Arcivescovado Abdel Shari quando gli egiziani, al suo arrivo all’aeroporto del Cairo - loro, che sono musulmani come lui - lo hanno blindato e rispedito indietro, a Milano, come persona non gradita. È vero che ognuno può ricevere chi vuole. Tuttavia penso sia molto grave chiudere gli occhi davanti a personaggi come Shari o Abu Ahmad, pluri denunciati e pluri inquisiti, ma sempre in prima fila nelle manifestazioni milanesi. E poi le scuse si chiedono per le marachelle. Quella di sabato scorso è stata una vera e propria sfida, pensata in maniera scientifica».


Perchè parla di sfida scientifica?
«La manifestazione doveva partire da piazza Oberdan e finire in San Babila. Se loro sapevano che alle 17 c’era la preghiera perché, pur senza autorizzazione, una volta in San Babila, si sono divisi in due cortei - uno che ha preso via Matteotti e piazza Scala; l’altro corso Vittorio Emanuele - per ritrovarsi tutti in piazza Duomo dove hanno pregato e bruciato le bandiere israeliane? Lo hanno fatto apposta. Altrimenti si sarebbero sciolti in San Babila e sarebbero tornati a casa a pregare, no? Mi sembra molto ovvio che si è trattato di una vera e propria sfida al mondo cattolico».
Il Comune cos’ha intenzione di fare in questo senso?
«Visto che, come ho già detto, la manifestazione si è svolta nell’area più videosorvegliata di Milano consegneremo, come sabato scorso, tutte le immagini registrate dalle telecamere alla Digos. Del resto, ancora una volta, abbiamo assistito alla confusione tra preghiera e corteo politico, con l’ennesima bandiera d’Israele bruciata. Una mescolanza che gran parte del mondo musulmano milanese rifiuta. In piazza c’erano al massimo un migliaio di islamici, dunque una minima parte degli 80mila iscritti all’anagrafe. Gente che, evidentemente, se ha voglia di pregare, lo fa a casa propria o nei luoghi di culto. E non dà retta a imam screditati che non rappresentano che se stessi.

E che stanno cercando di fomentare, inutilmente, il fanatismo fondamentalista».

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