Quattro imputati, ma il vero colpevole è assente

Ammettiamolo: saper perdere non è semplice. Bere dall’amaro calice della sconfitta senza emettere suono alcuno non è una cosa da niente. Bisogna essere allenati. Ma anche saper vincere non è da tutti. Questione di stile. In via Durini dovrebbero ormai averci fatto il callo. Eppure, tralasciando la carnevalata di Materazzi, ecco come in casa Inter si è festeggiata la vittoria nel derby. Moratti: «Ho visto brutti segnali»; Paolillo: «C’è un’evidente aria di voler riaprire il campionato»; Mourinho: «È stato fatto il tutto per tutto per non far vincere l’Inter». Inerpicarsi sull’insidioso pendio delle accuse al palazzo non è mai il sentiero più indicato. Soprattutto se chi lancia accuse verso chissà chi, guarda tutti dalla sommità di una serie A che comanda da ormai diversi anni. Il rischio è di cadere da molto in alto. E di farsi parecchio male.
Vittime o vittimisti? Più semplice rientrare nella seconda categoria: bastano un paio di accuse che spesso lasciano il tempo che trovano. Più complicato invece, far parte della prima: come in ogni delitto che si rispetti, bisogna trovare un mandante e un carnefice. Anche Albertini, vicepresidente Figc, non ha mancato di sottolinearlo: «È inutile gettar fango sul calcio italiano. Mourinho che è sempre così diretto, eviti di parlare in modo indiretto e generico».
Detto ciò, proviamo allora a pensare contro chi potrebbero essere indirizzati gli attacchi di Moratti&Co. Chi è che vuole così male all’Inter? Sul banco dei possibili imputati mettiamoci allora chi governa il «palazzo»: il presidente della Lega Calcio Maurizio Beretta, il numero uno della Figc Giancarlo Abete, il designatore arbitrale Pierluigi Collina. Aggiungiamoci, poi, il fantasma di Adriano Galliani, ex presidente di Lega, una voce comunque ancora forte nei corridoi della Lega Calcio, ma di certo non così forte da poter sovvertire l’andamento della serie A.
Può essere Maurizio Beretta l’indiziato numero uno degli attacchi nerazzurri? Difficile. Altrimenti, durante l’elezione dello scorso agosto, l’Inter non lo avrebbe votato come invece ha regolarmente fatto. O quantomeno, avrebbe manifestato le proprie preoccupazioni per un nome a loro «scomodo».
Inverosimile pure il nome di Giancarlo Abete: mai un commento sull’operato - spesso fuori dagli schemi - di Mourinho, mai una parola contro la società di via Durini. Persino quando Mourinho si scagliò contro Lippi, reo di aver pronosticato la Juventus come favorita per la vittoria del campionato, Abete si limitò ad un innocuo «un po' di calcio parlato è necessario prima dell’inizio del campionato». Completamente scagionato.
Contro Collina si sono scagliati a turno un po’ tutti. Basta un errore arbitrale per tirare in ballo il suo nome.

Ultimo, in ordine cronologico, Alberto Malesani, proprio nel day-after di Inter-Siena: «Collina ha sbagliato nel commentare l'episodio che ha deciso la nostra partita con l'Inter: doveva dire se l'arbitro Peruzzo ha sbagliato o no, ma non limitarsi ad affermare “ci poteva stare”». Impensabile che sia lui l’architetto di tutto.
Insomma: se ieri l’Inter avesse perso, ne avrebbe guadagnato solo lo spettacolo. Che non sia lui allora il colpevole?

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