Quattro mesi a scrocco in corsia: «Ora basta»

nostro inviato a Mestre (Venezia)

Ospedale di Mestre, secondo piano in fondo a destra, reparto di urologia e chirurgia plastica. Il tunisino Al Khadir Saber, 23 anni, giunto in Italia con passaporto falso, tossicodipendente accusato di spaccio, accoltellatore della convivente e dei suoi tre figli, pregiudicato nel suo Paese, trascorre una pacifica domenica. Chiacchiera ai suoi due telefonini (chi gli pagherà le ricariche?), ascolta un cd o guarda un film dal lettore dvd portatile, fa un giretto tra i corridoi sulla sedia a rotelle, poi torna a sistemarsi sul suo letto. Un giaciglio che occupa stabilmente da quattro mesi, anche se le cure sono finite da un pezzo.
Alla sanità pubblica Al Khadir Saber costa 900 euro il giorno. Ma siccome nessuno lo vuole, e lui non intende rinunciare alla cuccagna, il nordafricano irregolare se ne sta in ospedale indisturbato. La stanza è pulita, tutti i giorni lenzuola fresche di bucato, pasti pronti, infermieri a disposizione giorno e notte, una carrozzella nuova di zecca, e frequenti scappatelle fuori dall’ospedale: tempo fa l’hanno trovato in piazza Ferretto, il cuore di Mestre, con tre connazionali che a turno spingevano la sedia a rotelle. Un'infermiera sospira: «Due mesi fa mio padre è morto nella corsia dell'astanteria. Io che lavoro qui non sono riuscita a trovargli un letto». Che invece è ancora occupato da questo mancato omicida, clandestino, pregiudicato e sotto inchiesta. Un qualunque cittadino italiano verrebbe fatto sloggiare appena terminate le cure.
Il 23 novembre scorso, pieno di alcol e cocaina, Al Khadir accoltellò la convivente, un’italiana, e i tre figli di lei in un appartamento del quartiere Cita di Marghera imbottito di droga. La stazione è vicina, e il tunisino tentò di nascondersi sotto un treno. Ma il convoglio si mosse e gli tranciò le gambe sopra il ginocchio. I medici dell'ospedale Umberto I salvarono la vita a lui e ricucirono il petto e la schiena della donna e dei bimbi, il più piccolo ha cinque anni e un fendente gli sfiorò la carotide. Ora la convivente è in carcere e i bimbi in un istituto a Venezia. Il giovane invece passò da un reparto all'altro, rianimazione, ortopedia, chirurgia plastica. Interventi lunghi, delicati e costosi per strapparlo alla morte, accomodargli i moncherini delle gambe e rimetterlo in forze.
Dopo 25 giorni Al Khadir poteva lasciare l'ospedale in sedia a rotelle, garantisce il personale dell'Umberto I. Invece no. I medici gli comunicarono le dimissioni, l'azienda sanitaria aveva bisogno del letto per altri ricoveri urgenti, e non voleva gettare al vento quasi tremila euro il mese. Ma il tunisino rifiutò la lettera. Disse che aveva bisogno di ulteriore assistenza. E cominciò un inverosimile balletto. Lui sapeva che non l’avrebbero lasciato per la strada. Nessuna risposta dal Comune per una sistemazione di emergenza. L'espulsione si rivela impossibile, nonostante il nordafricano sia clandestino: la questura prepara le carte, il ministero degli Esteri si rivolge alle autorità tunisine, arriva il console, poi tutto si blocca. Secondo la legge italiana, una persona con problemi di salute può essere espulsa soltanto se nel suo Paese avrà un'assistenza di pari livello, e la Tunisia non può garantirlo. Con la sua lunga serie di precedenti penali, anche nel suo Paese Al Khadir è un indesiderato. Ora che il caso è finito sui giornali, si è fatta avanti un’associazione che si occupa di rifugiati politici e stamattina alle 8 se lo porterà via.
Per oltre quattro mesi l’uomo è rimasto in ospedale a Mestre, con vitto e alloggio garantito, a spese dei contribuenti italiani. E qualche giorno fa ha tentato una protesta clamorosa tagliuzzandosi le braccia perché voleva anche le protesi. «Non discuto sulla necessità di garantire l'assistenza in caso di emergenza. Ma questa vicenda porta alla luce un fenomeno sempre più diffuso - dice il dottor Antonio Padoan, direttore generale dell'Asl 12 -: clandestini che utilizzano gli ospedali in sostituzione dell'assistenza sanitaria.

Il pronto soccorso di Mestre è preso d'assalto da stranieri senza documenti che si fanno perfino curare i denti. Abbiamo pure un ucraino clandestino emofiliaco dalla nascita che di medicinali ci costa mille euro al giorno».

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