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QUATTRO RUOTE Tra le cause della nuova agenda anche l’esigenza di ripresa del mercato

nostro inviato a Detroit

Sergio Marchionne non ha fretta: la fusione tra Fiat e Chrysler, ora che il Lingotto è salito al 58,5% della casa automobilistica Usa, potrà concretizzarsi non prima del 2015. E lo stesso vale per il collocamento in Borsa del gruppo di Auburn Hills (che potrebbe avvenire già tra fine 2012 e inizio 2013). L’amministratore delegato di Fiat e Chrysler, del resto, ha tempo ancora un paio di anni per far propria l’ultima fetta, il 41,5% della società Usa in mano a Veba, ovvero il fondo che fornisce l’assistenza sanitaria ai pensionati dell’azienda del Michigan. I suoi piani nel medio termine, Marchionne li ha spiegati in un’intervista al quotidiano Detroit Free Press, subito dopo aver ricevuto l’ennesimo riconoscimento qui negli Stati Uniti, questa volta per la leadership dirigenziale. Perché il «generale senza paura Marchionne», come titola il quotidiano, dopo aver riconosciuto «che la riemersione di Chrysler dal fallimento è avvenuta più velocemente delle previsioni», improvvisamente mette il piede sul freno? La risposta la fornisce lo stesso top manager: oltre che per definire e chiudere l’argomento quotazione, il lasso di tempo da qui al 2015 «servirà anche per crescere un successore alla guida del colosso automobilistico Fiat-Chrysler», che nelle intenzioni dell’attuale numero uno dovrà poter produrre almeno 6 milioni di veicoli l’anno. Tutto questo con l’auspicio che la situazione economica internazionale migliori e che il mercato europeo dell’auto ritrovi un suo equilibrio.
Marchionne, che compirà 60 anni il prossimo giugno, vuole dunque consegnare al suo «erede» il nuovo gruppo chiavi in mano. «Nulla accadrà fino a dopo il 2015 - ha precisato nell’intervista - a meno che io non venga investito da un autobus». Resta da vedere a chi andrà il volante di Fiat-Chrysler. Non è la prima volta che Marchionne entra nell’argomento del suo successore. Lo aveva fatto anche alla fine di luglio 2011, in occasione del varo del nuovo organigramma del gruppo. In proposito, aveva lasciato intendere che con ogni probabilità il nuovo capo del Lingotto sarebbe potuto uscire dai 22 supermanager che costituiscono il Gec, ovvero il Group executive council. Questo organismo, creato da Marchionne, ha lo scopo di supervisionare l’andamento del business, definire gli obiettivi e le decisioni strategiche, nonché gli investimenti del gruppo. A prevalere in questo momento, dunque, è la soluzione interna, pienamente condivisa dall’azionista di riferimento John Elkann. «Abbiamo messo a punto un’organizzazione che ha due obiettivi: uno è preparare il mio successore, l’altro è sopravvivere a me». E se negli Stati Uniti la rinascita di Chrysler viene presa come modello di successo (+26% di vendite nel 2011 e una stima di profitti per 600 milioni di dollari; sarebbe il primo anno pieno dal 2005), a rovinare il momento magico di Marchionne è invece l’Europa, continente «che rappresenta il problema maggiore per me e la mia squadra». Marchionne è preoccupato per come stanno andando le cose in Europa e, di riflesso, in Italia, dove le immatricolazioni di auto sono in caduta libera. Il top manager osserva, però, che l’impatto di una situazione del genere sulla convergenza tra Fiat e Chrysler «in linea generale è quello di accelerarla».
Il 2012, intanto, presenterà molte sfide per Chrysler, che proprio oggi, dall’Auto Show di Detroit, lancerà la prima vettura (Dodge Dart) interamente basata sulla tecnologia Fiat e che punta ad affermarsi nel segmento delle compatte che per anni è stato il tallone di Achille della casa di Auburn Hills.

E dopo aver respinto le critiche della stampa Usa nei confronti della 500 («un fiasco»), Marchionne dà appuntamento al 2013 per le nuove grandi novità del gruppo: 8 modelli, tra i quali potrebbe esserci un piccolo Suv, denominato Chrysler 100, realizzato a Mirafiori.

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