Quegli smemorati nemici del maggioritario

Quegli smemorati nemici del  maggioritario

Gianni Pennacchi

da Roma

Che abbia ragione Ferdinando Adornato, quando dice che all’opposizione, sulla nuova legge elettorale proporzionale, «non è che non vada bene la proposta, non le va bene il proponente»? Se davvero è come dice il presidente della commissione Cultura, c’è da aspettarsi che oggi, nonostante le manifestazioni di piazza, l’ostruzionismo e gli interventi infuocati, nel buio dell’urna s’affaccino piuttosto i franchi tiratori dell’Unione, che in realtà vogliono fortemente il ritorno al proporzionale. Illazioni? Basta rileggere quel che dicevano, in tempi non sospetti.
Fausto Bertinotti, al Corriere della Sera del 22 marzo 2000: «Noi puntiamo al proporzionale. Basta guardare alle aberrazioni che ha prodotto la fede nel maggioritario. Si sosteneva che avrebbe favorito la partecipazione, e invece ha portato ad un astensionismo senza precedenti. Si assicurava la semplificazione del quadro politico e al contrario si sono moltiplicati i partiti... Bisogna sconfiggere un pregiudizio di fondo, quello di una cultura che ha scelto il maggioritario come fosse per forza di cose il regno della modernità e che vede sempre nei proporzionalisti qualche patologia». Ancora il leader di Rifondazione, allo stesso quotidiano, il 18 settembre ’02: «Torniamo al proporzionale, perché con il maggioritario si compete guardando solo al centro e si escludono milioni di elettori che non si sentono rappresentati».
Clemente Mastella, al Messaggero del 15 dicembre ’98: «A Madrid si vota col proporzionale, senza preferenze. È la Soluzione. Sì, la scriva con la esse maiuscola: garantisce perfino l’alternanza. Dopo Gonzalez non è arrivato Aznar?». Ancora il leader dell’Udeur in conferenza stampa, il 20 giugno 2003: «Il nostro è un bipolarismo malato, aritmetico, dove è importante avere un voto in più degli avversari: e questo non è serio. Bisogna arrivare ad un sistema proporzionale con criteri e modalità uguali a quelli del voto per comuni e regioni».
Enrico Boselli, al Corriere della Sera del 22 maggio 2000, dopo la sconfitta del referendum: «Bisogna dare stabilità politica all’Italia. Cosa che si può fare benissimo con il proporzionale come accade in 12 Paesi dell’Unione europea su 15». Ancora il leader dello Sdi alle agenzie il 29 agosto 2000, dando gioiosa notizia delle iniziative intraprese dall’ultimo premier dell’Ulivo: «Amato è pronto ad un grande impegno sulla legge elettorale, per cercare di introdurre il sistema proporzionale tedesco, anche se il Polo non sarà d’accordo e farà ostruzionismo».
Armando Cossutta, alla Stampa del 20 aprile ’99: «Io sono e sarò sempre un proporzionalista».
Ciriaco De Mita, su Repubblica del 25 marzo 2000: «La demagogia antiproporzionale è in via di estinzione. Personalmente ritengo che un sistema elettorale proporzionale con premio di maggioranza sarebbe un utile contributo alla soluzione del problema: chi va a votare, sa in partenza per quale maggioranza vota. È il sistema già in vigore nei comuni e nelle province».
Gloria Buffo, sul Messaggero del 15 dicembre ’98: «Con il maggioritario le affluenze calano, è fisiologico, guardate negli Usa. In tutti questi anni abbiamo spiegato ai cittadini che si voleva il maggioritario perché così avrebbero deciso loro chi governa. Ebbene, non vorrei che alla fine, a scegliere l’inquilino di Palazzo Chigi sia una minoranza del 30%. Se il rischio è questo, diciamocelo pure: abbiamo sbagliato. Fermiamoci. Ripensiamoci».
Pierluigi Castagnetti, sul Sole 24ore il 19 maggio 2000, alla vigilia del referendum: «Se vince l’astensione, si verifichi subito la possibilità di una riforma in senso proporzionale alla tedesca».
Franco Marini, alla Stampa del 19 aprile ’99: «Anche i sogni più proibiti spesso si avverano. L’importante è crederci».


Notate che il centrosinistra si oppone perché «non si cambiano le regole a pochi mesi dalle elezioni»? Sentite che diceva Massimo D’Alema il 19 ottobre dell’anno scorso, quando il proporzionale lo volevano tutti i cespugli suoi alleati ed anche mezza Quercia: «L’idea di cambiare il sistema elettorale a due anni dalle elezioni è aberrante».

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