Misurata è divenuta il simbolo della guerra civile libica: oltre mille i morti dallinizio della rivolta, sulle complessive 10.000 vittime e oltre 50.000 feriti in tutto il Paese denunciati dalle fonti ospedaliere e sottolineate con forza dal Consiglio transitorio libico, mentre «sono decine di migliaia» i bambini intrappolati in città, secondo le stime Unicef. Anche ieri gli uomini di Muammar Gheddafi hanno sparato contro la città, in una giornata caratterizzata dal sì alla richiesta dellOnu di aprire le porte agli aiuti umanitari e ai team delle Ong, e dal rinnovato appello della comunità internazionale per un cessate il fuoco.
Ma non è solo Misurata a soffrire: i responsabili dellagenzia per gli aiuti umanitari dellOnu (Ocha) affermano che ci sono già «800.000 persone che hanno bisogno di aiuto, 330.000 intrappolate nelle città teatro di combattimenti, oltre 100.000 sfollate». E mentre cresce limpegno internazionale (la Germania ha deciso di aumentare a 7 milioni di euro il proprio contributo) è il fronte diplomatico-militare a offrire le maggiori novità.
La Francia, per bocca del ministro Alain Juppè, esclude linvio di truppe di terra. E anche lItalia, ha spiegato il ministro degli Esteri Franco Frattini che pura ha puntato lindice contro «il dittatore sanguinario» Gheddafi, precisa che le «promesse» definite tali dal Cnt sulla fornitura di armi è una «extrema ratio». «Non cè un quadro internazionale che rassicuri sulla legittimità» di fornire armi ai ribelli, ha detto il titolare della Farnesina, e «sarebbe sbagliato decidere a livello bilaterale quello che si può fare o quello che non si può fare». Il leader del Cnt, Mustafa Jalil, ieri a Roma ha ribadito riferendosi al rais che «una persona che tratta il proprio popolo in questo modo, bombardando in modo indiscriminato e con tutti i tipi di armi, non è adatto a restare nel nostro Paese», ma ha tuttavia precisato che non è intenzione dei ribelli ucciderlo, aprendo forse concretamente la porta al negoziato. E mentre continua il flusso di camion dal confine egiziano (ieri testimoni hanno visto decine di automezzi carichi di pk nuovi di zecca destinati ai ribelli) la Nato annuncia di aver «seriamente declassato» la capacità militare del rais. Poco lontano da Bengasi però, sulla linea del fronte che passa per Ajdabiya, i vecchi che guidano i gruppi di rivoluzionari armati non hanno dubbi: «Nelle città Gheddafi non ha speranza. Ma la guerra del deserto la vincerà lui, sono meglio armati ed equipaggiati».
I ribelli, al fronte e nel resto del Paese, sono oramai ossessionati, come pure i soldati del rais, dagli infiltrati, dalle azioni di disperati, anche ventenni, che uccidono per vendicare amici e parenti. Altri temono le mine, che sempre più vengono piazzate a casaccio lungo le strade.
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