«Al primo approccio appare discreto e molto dolce. Si direbbe una persona incapace a far del male a una mosca, ma la realtà è ben diversa». Così descrive un ex collaboratore Folorunsho Solomon, il 49enne pastore nigeriano che ha raccolto più di 4mila bambini fuggiti, almeno così lui sostiene, dal conflitto con Boko Haram. Ci sono purtroppo parecchie ombre su questo religioso che si definisce «messaggero di Dio» e che afferma di essere stato «salvato da Satana per intercessione dell'altissimo». La vicenda è ambientata a Benin City, nel sud della Nigeria, città famosa per il petrolio e i rapimenti perpetrati dai guerriglieri separatisti del Movimento per l'emancipazione del delta del Niger. Qui nel 2013 Solomon, celebre per le sue iniziative a favore delle persone svantaggiate, decide di trasformare il suo orfanotrofio in un campo sfollati (l'International christian centre for missions) per le vittime di un conflitto islamista che si gioca a più di mille chilometri di distanza. Sulla pagina twitter il pastore nigeriano promette «protezione, cura, cibo, educazione e contatti con Dio», ma circa 200 persone tra ex missionari, bambini, genitori e operatori dei servizi sociali la pensano diversamente. I giovani sono malnutriti, hanno un accesso limitato all'acqua e alle cure. Il pastore sarebbe violento e si renderebbe protagonista di gesti inappropriati verso le ragazze. Alcune addirittura lo accusano di molestie sessuali. Solomon nega tutto: «Nessun abuso», ha pubblicato di recente sul suo profilo social, poi una serie infinita di «no comment».
Eppure secondo le testimonianze raccolte sia dall'Unicef sia dalla Croce rossa internazionale, padre Salomon non sarebbe in odore di santità. «Non riusciamo a capire quale aura religiosa e caritatevole ci possa essere in un uomo che insulta le ragazze e che commenta la crescita dei loro glutei o compara i loro seni all'ananas», commenta Yemi Lufadeju, responsabile per gli affari speciali Unicef nell'Africa dell'ovest. Anche chi ha adorato il suo carisma oggi vede le cose in maniera diametralmente opposta. Racconta David, un ex discepolo. «È così caritatevole che un giorno l'ho visto rompere una sedia sulla schiena di un bambino. Nessuno esce dalla casa del pastore Solomon senza cicatrici fisiche o psicologiche». Tutti i testimoni, bambini e adulti senza distinzione, affermano di essere stati violentemente picchiati, almeno una volta, per avere contraddetto, minacciato o lamentato le condizioni di vita.
Le sue ex vittime hanno impiegato molto tempo prima di parlare con qualcuno. A volte si sono chiusi in silenzio per anni. È il caso di Blessing, che asserisce di essere stata vittima dei suoi abusi all'età di 16 anni: «In cambio di un minimo di istruzione ci costringeva a dormire con lui. Sporgere denuncia? Avevo paura. Viviamo in un Paese dove la giustizia è sempre schierata dalla parte dei ricchi». Soprattutto nel caso di padre Salomon, amico delle più potenti istituzioni della Nigeria e protetto persino da alcuni importanti ufficiali dell'esercito. Secondo il rapporto dell'Unicef, i bambini dormono all'interno di capannoni (anche 300 tutti insieme) su stuoie per terra, fanno i loro bisogni nella foresta, si lamentano della fame, e non hanno acqua per lavarsi. Interrogato dai funzionari dell'Unicef, il ministro della Salute Osagie Ehanire non è riuscito a fornire un registro degli ospiti presenti nella missione. «Sono per lo più orfani», si è limitato a rispondere, ma non esiste un vero e proprio censimento, così come non si hanno notizie sulla loro reale provenienza. All'Unicef sono giunti alla conclusione che molti di questi giovani non solo non provengono dagli stati di Borno e Yobe, quelli per intenderci martoriati dai Boko Haram, ma per giunta non sono orfani. «A giudicare dal loro nome vengono tutti da una stessa zona al confine tra la Nigeria e il Camerun. Alcuni dichiarano di avere ancora i genitori e di essere stati portati via dai loro villaggi con promesse di caramelle e biscotti».
In Nigeria le Chiese sono registrate come Ong, non hanno l'obbligo di divulgare i loro conti e non pagano le tasse. È quindi impossibile valutare la quantità di denaro ricevuto dall'associazione di padre Salomon che vive grazie a una forte rete di donatori, istituzioni locali e Chiese evangeliche straniere. Tra i più importanti «contribuenti» figurano alcune Ong e Chiese evangeliche tedesche, tra le quali quella guidata a Lipsia da padre Gunther Geipel, pastore che vanta importanti amicizie con i potenti di Germania, partendo da Joerg Urban, braccio destro di Angela Merkel in Sassonia. Da quando Unicef e Croce rossa hanno iniziato a segnalare abusi e anomalie a Benin City, padre Salomon si è rifugiato proprio da Geipel. E mentre il governo nigeriano fa quadrato attorno al religioso, l'Unicef ha redatto un dossier che lo scorso 25 ottobre è stato consegnato direttamente nelle mani di Liu Zhenmin, segretario generale degli affari sociali all'Onu.
Quanto sta accadendo a Benin City è purtroppo soltanto la punta dell'iceberg di una situazione ben più grave e che vede coinvolta l'intera nazione. Gli orfanotrofi e i centri di sostegno per i minori della Nigeria sono un ottimo affare che attira milioni di dollari in aiuti umanitari all'anno. Solo che, secondo l'Unicef, l'80% dei bambini che ci vivono non sono affatto orfani. Oppure, come nel caso dell'associazione di padre Salomon, sono stati attirati con l'inganno. I bambini vengono utilizzati per attrarre i donatori, per lo più europei, australiani e statunitensi di ispirazione religiosa.
Parecchie strutture sono al disotto del livello minimo accettabile, secondo le Nazioni Unite. All'interno degli orfanotrofi non vengono rispettati diritti umani come quello alla salute. Trent'anni fa in Nigeria erano state censite dodici strutture, oggi siamo a 220. L'ennesimo business sulla sofferenza.
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