Quei cantori della città in negativo

Solidarizzo con Livio Caputo che qualche giorno fa su queste pagine annotava desolato: «Nel Dna dei milanesi ci deve essere una componente masochista». Infatti una autorevole ricerca internazionale poneva Milano molto più avanti di Roma nella classifica delle città più influenti del mondo. A questa ricerca, oggettiva e scientifica, il Corriere della Sera faceva replicare via Internet i suoi lettori-campione, quindi, per nulla oggettivo e scientifico. Costoro presumibilmente in gran parte milanesi, dissentivano nettamente da quel giudizio: Roma è sempre e comunque meglio di Milano. Da qui, la desolazione di Caputo. Ma forse non si tratta di masochismo. Il milanese è per sua natura, storicamente insoddisfatto. Vuole per sé sempre di meglio e solo il meglio. E se questo tratto caratteriale ha fatto della nostra la città delle eccellenze, esso ci porta anche a presumere che quel meglio sia sempre «altrove». Ma soprattutto sul giudizio dei lettori del Corriere influisce la storia del rapporto «politico» di quel quotidiano con le due città: da tanti anni amministrata dalla sinistra, la Roma di Rutelli e di Veltroni (fino a tre mesi fa) è sempre meglio della Milano dove la sinistra perde da tre lustri. Periferie degradate, traffico infernale, trasporti pubblici inefficienti, comune indebitatissimo? Sono dettagli che non toccano i milanesi.

Ma soprattutto: se un giornale per anni racconta ogni giorno ai suoi lettori che a Roma è tutto bellissimo e perfetto mentre a Milano ogni cosa va per il peggio e siamo tutti infelici, quando poi questo stesso giornale chiede ai suoi lettori un giudizio sulle due città, che risposte ci possiamo aspettare? Quella è la tipica domanda retorica: della quale, cioè, è scontata la risposta. Fatta, anzi, per sentirsi dare «quella» risposta.

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