Quei moralisti ipocriti che vogliono la testa del ministro Romano Il futurista Granata intende chiederne le dimissioni: ma chi fu assessore di Cuffaro non può pontificare

di Vittorio Sgarbi
Le minacce annunciate dal quotidiano La Repubblica, che attribuiscono al procuratore aggiunto Antonio Ingroia e ai suoi sostituti l’intenzione di chiedere l’autorizzazione alla Camera per altre e non nuove presunte indagini su Saverio Romano, c’è da augurarsi che siano solamente un atto di terrorismo giornalistico per il ruolo politico che il quotidiano ha assunto senza esclusione di colpi.
È inaudito che un magistrato, seppure dichiaratamente antagonista del governo, e quindi in conflitto di interessi, possa usare le indagini come bombe a orologeria, raffigurando l’azione giudiziaria come una forma di ricatto. È già stato dichiarato inattendibile il teste Ciancimino junior. E riprendere e usare le sue dichiarazioni apparirebbe moralmente sconveniente. Di questione morale infatti si tratta, e di opportunità, dal momento che l’unica inchiesta relativa a Romano ha visto la procura chiedere l’archiviazione.
E se quindi l’aspetto giudiziario non appare incidente, le dichiarazioni degli esponenti del Fli, come quelle di Granata, afferiscono alla sfera morale. E chi la invoca, la questione morale, ha più doveri di altri relativamente ai principi che evoca. Infatti, dal momento che le vicende richiamate per Saverio Romano riguardano anche l’ex presidente della Regione Siciliana, condannato per mafia, sarà giusto ricordare che Fabio Granata è stato per alcuni anni, e con piena adesione politica, assessore alla Cultura della giunta regionale presieduta da Totò Cuffaro.
Dal momento che, in assenza di rinvio a giudizio, e con un indagato che non è imputato, le questioni sollevate dall’onorevole Granata non possono che afferire alla sfera dell’opportunità e della morale, ogni richiesta indirizzata a Romano impone coerenza e prevede conseguenze. Intendo dire che se Granata chiede o intende chiedere le dimissioni di Romano da ministro dell’Agricoltura - importante funzione pubblica - non potrà in prima istanza che rassegnare le sue da deputato. È evidente infatti che l’inconsistenza dell’inchiesta su Romano, dichiarata dalla stessa Procura che ne chiede l’archiviazione, non può essere la causa dell’indignazione di Granata che per molti anni ha condiviso l’azione politica di Cuffaro ed è stato alleato di Saverio Romano.
L’improvviso e tardivo sussulto di coscienza, così come la denuncia di Granata e le sue dichiarazioni, prima sulla inadeguatezza di Romano, poi sulle infiltrazioni mafiose nel Comune di Belmonte Mezzagno, accreditano ai nostri occhi la stessa irresponsabilità e incoscienza del lungo periodo di stretta collaborazione con il presidente Cuffaro, senza incertezze e turbamenti.
Oggi dunque Granata appare un pentito. Le sue dichiarazioni si sovrappongono a quelle degli esponenti dell’Italia dei Valori e di Travaglio, i quali però non hanno mai avuto contiguità politica con Cuffaro, condannato con sentenza definitiva per ciò che aveva fatto nei tempi in cui Granata era suo assessore, o ruoli politici in Regione o in Parlamento di alcun tipo; i quali dunque, se non sotto l’inconsistente profilo penale, sotto quello morale, hanno legittimità di parlare. Potremo non condividerli, non ascoltarli, ma possono, sul piano della logica, anteporre i principi e la sfera morale dall’attività politica. Granata no.
Se proprio volessimo arrivare fino in fondo, anche rispetto alla posizione manichea e intransigente di Marco Travaglio, esposta sul quotidiano Il Fatto, dovremmo osservare che la sua contrapposizione tra il comportamento di Napolitano che nomina ministro Saverio Romano, e quello di Scalfaro che «rifiutò di mandare Craxi a Palazzo Chigi solo perché girava voce che il pool di Milano gli girasse intorno dopo l’inchiesta su Chiesa e altri manager Psi», legittima, sempre in punto di logica, una ulteriore incoerenza di Scalfaro. Infatti Travaglio conclude che, dopo, le diverse valutazioni, tutte relative alla opportunità, «così toccò ad Amato».
Arriviamo fino in fondo, dunque. Perché andava bene Amato? Io l’ho sempre detto. Amato era stato vicino a Craxi per 15 anni, nel partito e al governo. Era stato ministro e sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. Vicinissimo, sovrapposto al suo capo. Poteva non sapere? Poteva non essere, se non penalmente, moralmente, politicamente, ideologicamente, coinvolto? E perché era stato risparmiato? Perché non interessava colpire lui. Perché la magistratura aveva un prevalente obiettivo: allora Craxi, oggi Berlusconi.
E occorre allora trasformare la questione penale in questione morale. Ma se di questo si tratta, perché Amato e Granata non devono essere messi in discussione? Amato con Craxi e Granata con Cuffaro.

Con quale autorità ora parla, e chiede le dimissioni di Romano, Fabio Granata? Crede di essere senza macchia (politica) come Travaglio? Crede di poter parlare e denunciare senza conseguenze, senza che gli si chieda un comportamento conseguente? Altrimenti si taccia.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica