Quei "quattro balordi" e quella fermezza che Milano ha rimosso

Nelle fasi di forte tensione sociale, possono esserci avvenimenti in apparenza secondari, perfino ignorati dai media più tartufeschi, che poi...

Nelle fasi di forte tensione sociale come questa, possono esserci avvenimenti in apparenza secondari, perfino ignorati dai media più tartufeschi, che poi assumono le dimensioni di una svolta: uno di questi è la guerra che l'estrema sinistra ha scatenato contro gli studenti di Comunione e Liberazione in generale, e contro la cartolibreria Cusl che Cl ha all'interno dell'Università statale in particolare. Più ancora dei ripetuti assalti all'esercizio, che lo hanno costretto alla chiusura, più ancora degli ormai tradizionali cortei completi di scontri con la polizia, preoccupa il seguito: i cinque commessi-studenti - che gestiscono lo spaccio e hanno denunciato il primo attacco iscritti su una specie di colonna infame, come per invitare i «compagni» a punirli; gli stessi studenti che, dopo la terza incursione, rinunciano a presentare una nuova denuncia per paura di ritorsioni, inducendo le forze dell'ordine ad archiviare la faccenda; il migliaio di giovani vicini ai centri sociali che hanno presidiato il Palazzo di Giustizia quando i loro compagni, arrestati durante i disordini, comparivano davanti al giudice, e che li hanno portati in trionfo quando sono stati rimessi in libertà; gli stessi due studenti rilasciati in attesa di processo che immediatamente ribadiscono il loro impegno rivoluzionario. Saranno anche, come dice il vice-sindaco De Corato, le gesta di «quattro gatti che contano zero e si arrogano il diritto di rappresentare la Milano studentesca»; ma si tratta di gesta che si inseriscono in un clima pericoloso e che, se non riceveranno una risposta adeguata, potrebbero dare l'avvio a una stagione di rinnovate violenze. In altre parole, è venuto il momento di fare capire ai centri sociali che, quando intraprendono azioni squadristiche come questa, non possono più aspettarsi di godere della semi-immunità di cui hanno goduto anche troppo a lungo. Non è più tempo di paternali, come quella che il magistrato che ne ha disposto la scarcerazione avrebbe fatto a Gimmo e Teino, ma di fermezza: una fermezza dovuta non solo agli studenti che vogliono studiare e vengono prevaricati da pochi estremisti, ma a tutta la cittadinanza, stufa dei disordini (e dei danni) che costoro hanno provocato nell'ultima settimana e sembrano decisi a provocare anche nella prossima.
Il momento, come abbiamo detto, è delicato. Questa è, tradizionalmente, la stagione della protesta, quest'anno diretta in particolare contro il presunto mancato rispetto del diritto allo studio e della ancora più presunta privatizzazione di scuole e atenei. In varie occasioni, la protesta di questi agitatori è stata anche più cattiva del solito. Ma, come scriveva ieri Pier Luigi Battista sul Corriere, in realtà l'Onda post-sessantottina sta rifluendo, la maggioranza degli studenti «sembra disamorata di cortei e okkupazioni», la minaccia del cinque in condotta comincia a incidere e si sono visti perfino professori di un liceo romano che si sono barricati nell'istituto per evitare che una banda di facinorosi ne prendesse possesso. Anche all'interno delle Università, il movimento contro la riforma Gelmini ha perso un po' forza, forse perché una maggioranza silenziosa comincia a rendersi conto che è stata fatta soprattutto nel suo interesse.

Ma le autorità non devono limitarsi a prendere atto di questa tendenza positica, devono assecondarla e in un certo senso «proteggerla» reprimendo adeguatamente e tempestivamente le iniziative - sia pure solo di «quattro gatti» - che mirano a perpetuare le agitazioni e a riattizzare i fuochi. Bisogna cioè evitare a ogni costo che la vittoria che gli agitatori pensano di avere conseguito con il rilascio degli arrestati e con la chiusura della cartolibreria abbia un effetto moltiplicatore.

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