Milano - La Procura di Milano, di solito così aggressiva con il Cavaliere, questa volta avanza con i piedi di piombo. L’avvocato Nicolò Ghedini, invece, è categorico: «Abbiamo fatto le nostre indagini, abbiamo esaminato numerosi testi e possiamo affermare che tutta questa storia è una colossale montatura. Al momento opportuno tireremo fuori le nostre carte». Insomma, il cubo di Ruby sembra scivolare fra le mani come una saponetta ad ogni tentativo di verifica. Troppi dettagli suggestivi che però non trovano riscontro. Nella logica e, fin dove è stato possibile controllare, nella realtà. Intendiamoci: nessuno vuole negare che la cubista dalla biografia confusa e tormentata abbia incontrato il premier e che abbia appoggiato le fronde scintillanti e i frutti avvelenati della sua narrazione su un tronco di verità. Ma è un tronco storto.
E poi? Poi si entra in una fiction che supera la soglia minima della credibilità e pare quasi una presa in giro. Dunque, il racconto di Ruby ci porta ad Arcore dove, come tutti sanno, impazza il bunga bunga. Una corte di donne, donne anche famose, anche parlamentari, anche con una carriera importante nel mondo dello spettacolo, circondano il Cavaliere come concubine in un harem. Sono tutte nude, le star e le starlette e le similveline, nessuna tiene al proprio decoro, nemmeno di passaggio, tutte giocano pesantemente col sesso e col presunto maschilismo del padrone di casa. Lei, la cubista marocchina denunciata per furto, è l’unica vestita e già che c’è serve un Sanbitter a Silvio prima che Silvio, premuroso, le allunghi pantaloncini e top bianchi. Siamo, come si vede, in un’atmosfera impregnata di certa letteratura latina tardo imperiale. Ma siamo anche ai confini della realtà: ma davvero possiamo immaginare, con tutta la perfidia possibile, che tutte queste signore abbiano buttato alle ortiche la propria reputazione offrendosi ad una sorta di rituale osceno? Certo, queste istantanee sono così generiche che risulta persino difficile smentirle.
Il gioco vero-verosimilefalso è possibile solo davanti ai nomi e ai cognomi. Capita così anche con le rivelazioni dei pentiti di mafia: in una fantastica udienza a Milano, alcuni collaboratori di giustizia arrivarono ad accusare Giulio Andreotti di aver incontrato il boss della mafia catanese Nitto Santapaola. «La data, diteci la data di questo meeting », tuonava l’avvocato Franco Coppi. E quando la data finalmente uscì, l’agenda di Andreotti mise a posto le chiacchiere: quel giorno Andreotti era a colloquio con un certo Mikhail Gorbaciov. Quando Ruby ci serve, oltre all’analcolico, i nomi e i cognomi, va incontro a smentite senza appello. Se la prima volta ad Arcore incontra, come scrive la Repubblica , «un intero catalogo del mondo femminile» e la seconda viene introdotta alle tecniche del bunga bunga, la terza si ritrova, addirittura, a tavola con Daniela Santanchè, George Clooney e Elisabetta Canalis.
Insomma, la fiction incastra frammenti del mondo berlusconiano dentro coreografie hollywoodiane. Solo che questa volta è la Santanchè a fare a pezzi il fotogramma: «Purtroppo- spiega al Giornale - conosco Clooney come milioni di italiane solo al cinema. Non ho mai avuto la fortuna di stringergli la mano così come non ho mai visto questa Ruby». Stefania Ariosto raccontava ai pm che tutti gli ospiti all’ingresso in casa Previti dovevano baciare il fallo di una statua. Lei, invece, stordisce i Pm portandoli per mano ad Arcore e descrivendo le immersioni di decine di donne nella vasca dell’idromassaggio, le moine delle star impegnate nel bunga bunga, le surreali attenzioni del premier che si premura di dirle più o meno queste parole: «Tranquilla, non riceverai avance sessuali». E poi, sempre lui, le rovescia addosso un catalogo intero di regali che pare preso di peso dal bagagliaio dell’auto di un ricettatore: orologi Rolex, gioielli Bulgari e Dolce& Gabbana, cristalli Swarovski, quant’altro.
Decine, forse centinaia di omaggi, per tre incontri tre, fra l’altro senza nemmeno concludere? È un problema di dosaggio, di proporzioni, di rapporti fra ciò che c’è e quel che si sottintende. Come nel caso della telefonata con cui Palazzo Chigi avrebbe ordinato alla questura di Milano il rilascio della ragazza.
«Nessun privilegio o trattamento preferenziale », replica ora la polizia milanese. E lei stessa ora, se è vero quanto riportato da Tgcom , infila la retromarcia ed elabora una versione minimalista: «Sono stata ad Arcore una volta sola». Giù dalla giostra, fino al prossimo colpo di scena.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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