Il re di Palermo e Adelmo, detto Memo, sono un ricordo davvero lontano. Datato millenovecentosessantadue. Italia reduce dal boom, tivvù in bianco e nero, Mike Bongiorno regala gettoni doro con Caccia al numero, muore Emma Gramatica, la copia di un quotidiano costa lire 40, il pallone sbalordisce al punto che la trasmissione radiofonica Minuto per minuto viene così descritta e distrutta da Il Corriere della Sera: «Il calcio ci assorda, i transistors negli stadi, una rubrica radiofonica imperversa sugli spettatori delle partite, che non rinunciano alla voluttà di seguire tutti gli incontri». LInter va a vincere lo scudetto, là sotto, dove si suda per non retrocedere Palermo e Catania se la sfangano. Finisce 1 a 1 la partita del 14 ottobre, Ferdinando Josè Puglia detto Fernando e basta, batte Vavassori dopo 3 minuti e diventa il re di Palermo. Era cresciuto nella stessa squadra di «Mazzola» nel senso di Josè Altafini, il Palmeiras, per poi traslocare in altri cento club, brasileri e portoghesi, prima di venire al Palermo che lo pagò 330 milioni di lire, un colpo clamoroso in confronto ai 140 milioni spesi dal Milan per Amarildo. Adelmo detto Memo altri non era che Prenna, romano dellAlba Trastevere. Assieme a Macor fecero cose da pazzi con la maglia del Catania e quel giorno di ottobre Memo Prenna segnò il gol del pareggio, su calcio di rigore a tre minuti dal termine, quando larbitro Di Tonno osò mettere in pericolo la carriera e la vita, dopo aver espulso Adorni e Petroni, fischiando, nello stadio de La Favorita, la punizione massima in favore dei catanesi. Finì, il campionato, con il Palermo di Baldi prima e Montez dopo, gli allenatori, ultimissimo e retrocesso in B insieme con Venezia e Napoli, mentre il Catania di Di Bella riuscì a salvarsi per 3 punti.
Venne poi un altro Palermo-Catania, lanno dopo ma senza gol, con rara cronaca e memoria scarsissima.
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