Cronaca locale

Quel filo invisibile tra gli uomini e il cosmo

«Si partorisce a cavallo di una tomba». È con questa mesta consapevolezza che Vladimir ed Estragone trascorrono una vita ad attendere Godot. Lui, qualunque cosa fosse, non arriverà, la morte sì. La salvezza? Forse. A proposito del capolavoro di Beckett sono ancora in molti a discutere se i due scalcinati protagonisti siano o meno pervasi da una speranza cristiana nei loro dialoghi. Certamente quella frase pronunziata ad un certo punto da Vladimiro che accenna alla redenzione del buon ladrone, etichettandola con sagacia come una «buona percentuale di salvezza» ha fatto discutere la critica, ma non ha influenzato la resa che fino al 15 febbraio ne dà Lorenzo Loris nel «suo Godot» in scena sul palco dell'Out Off (spettacolo inserito nella Out Off Card e in Invito a teatro, 02-34532140). Nel «maneggiare» l'opera di Beckett il regista ha adottato un doppio approccio: fedelissimo per quanto riguarda la messa in scena, modernissimo per quanto attiene alla contestualizzazione. «Beckett scrive nell'immediato secondo dopo guerra: l'umanità ne è uscita sterminata, ecco perché sempre il dramma si svolge su un fondale desertico, un albero e poco più a far da scena - spiega Loris -. Io ho provato a rendere desolazione e solitudine nell'uomo moderno pensando ad un contesto opposto: quello di un grande affollamento urbano, dove ci si sente comunque soli anche nella folla e dove si continua a costruire, devastando la madre terra». Ecco allora la pedana dove stanno fissi i protagonisti, far da contraltare al fondale dove scorrono immagini di caterpillar che lavorano ferventi, traendo dalle viscere della terra sabbia da costruzione: «Anche nel finale i due protagonisti ritorneranno nella terra - anticipa Loris -, da dove tutto è cominciato. Non hanno nessuna festività, nessun dio, nessuna speranza “borghese“ - aggiunge il regista - : uno rappresenta l'azione, sempre bloccata dall'altro che simboleggia, invece, la coscienza critica che tutto mette in discussione, bloccando qualsivoglia iniziativa». In questa rilettura dei protagonisti, interpretati da Gigio Alberti e Mario Sala, Loris ha dunque voluto vedere gli emarginati e coloro che sono alla ricerca di un senso di appartenenza.

Ma per una resa fortemente immersa nella realtà, ecco che invece la sceneggiatura segue con rigore le indicazioni di Beckett: rispettati i silenzi, le pause, che spesso parlano più delle battute.

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