La guerra a Teheran rischia di scatenarla l’Onu. Succederà martedì prossimo quando l’Aiea, l’Agenzia internazionale per l’energia atomica delle Nazioni Unite, renderà pubblico, salvo ripensamenti, il primo rapporto senza censure sui progetti nucleari iraniani. Durante la gestione di Mohammed El Baradei l’Aiea depurava accuratamente i propri rapporti evitando d’inserirvi informazioni capaci d’infastidire Teheran e mettere a repentaglio il lavoro dei propri ispettori. Ora, a due anni dalla nomina a direttore generale del giapponese Yukiya Amano, l’Aiea si prepara a divulgare un poker d’indizi capace di provare i tentativi iraniani di produrre un ordigno nucleare. Ma quel poker in pugno all’Aiea rischia d’innescare un nuovo conflitto.
Secondo notizie trapelate da Gerusalemme il governo israeliano è già pronto a colpire. E il Pentagono non escluderebbe una vasta campagna di bombardamenti. Ma quali segreti nasconde quel poker d’assi? E perché fa tanta paura? Secondo le informazioni raccolte dal Giornale, nel poker dell’Aiea rientrano gli esperimenti per la miniaturizzazione di una testata da posizionare su un missile, gli studi per la realizzazione di un detonatore capace d’innescare la fissione nucleare, l’imminente trasferimento di alcuni siti strategici in un laboratorio inespugnabile e gli ultimi rapporti sulla quantità di uranio arricchito pronto all’uso.
I due indizi più scottanti sono quelli riguardanti gli studi sulla miniaturizzazione dell’eventuale ordigno e sulla costruzione del detonatore, ricerche che non hanno alcuna applicazione civile e smaschererebbero definitivamente gli iraniani. All’Aiea quei progetti sono conosciuti con il codice 110 e 111, due sigle ricavate, si dice, dai piani segreti del ministero della difesa iraniano. Il progetto 111 identifica i disegni per la produzione del cono di un missile Shahab 3 destinato a ospitare un ordigno atomico miniaturizzato. Il progetto 110 riguarda invece la costruzione del detonatore nucleare. L’Aiea possiede quei documenti sin dal 2005. Le cruciali informazioni erano state raccolte da un iraniano reclutato dall’agenzia che - prima di venir arrestato - le aveva immagazzinate in un computer portatile fatto uscire dal paese grazie alla moglie. I dati e le successive indagini svolte dagli ispettori dell’Aiea riposano in un dossier di 67 pagine intitolato «La possibile dimensione militare del programma nucleare iraniano» di cui El Baradei ha sempre vietato la divulgazione.
Un terzo indizio, molto più allarmante per quanti in Israele o al Pentagono ritengono di dover bloccare con ogni mezzo Teheran, riguarda l’imminente trasloco di tutti gli impianti di arricchimento dell’uranio in un immenso laboratorio bunker scavato nel cuore di una montagna nei dintorni della città santa di Qom. L’esistenza dell’impianto fortificato, sfuggito per anni alle ispezioni dell’Aiea, viene rivelata nel 2009 durante una conferenza stampa congiunta organizzata da Barack Obama, Nicolas Sarkozy e dall’allora premier inglese Gordon Brown. Oggi l’impianto è terminato e si prepara a diventare la grande cassaforte dei progetti nucleari iraniani. Una cassaforte che nessuna arma convenzionale sarebbe in grado di distruggere.
Il quarto scottante indizio è la progressiva sostituzione delle vecchie centrifughe - fornite originariamente dallo scienziato pakistano Abdul Qadeer Khan - con un nuovo modello costruito grazie ad acciai speciali su cui Teheran ha messo le mani le mani beffando controlli e sanzioni. Grazie alle nuove e più efficienti centrifughe, gli iraniani dispongono già oggi di almeno 70 chili di uranio arricchiti al livello del 20 per cento, ovvero la soglia ultima giustificata per scopi scientifici.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.